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lunedì 4 luglio 2011

Enzo Tortora 6. Le confessioni di un telegenario.


Il buon Tortora affronta il fenomeno dell'interferenza della televisione nella vita di tutti i giorni, immaginando un babbo-televisore che impartisce gli insegnamenti parafrasando gli spot di Carosello o i “jungle” degli annunciatori. Fenomeno questo già preoccupante per Tortora negli anni 70, e che sfocierà, con tutta la sua drammaticità, ai giorni nostri. Non esagero infatti quando scrivo drammaticità, poiché è noto a tutti, ormai, il potere suggestionante che l'ex tubo catodico ( ora LED o Plasma ) ha per la stragrande maggioranza delle persone . . .


Le confessioni di un telegenario

Nacqui all'epoca dei televisori a tromba, del primissimo video a petrolio. Butto giù queste note perchè, ormai venticinquenne, e quindi al tramonto di quella che in una pubblicazione dei Fratelli Fabbri Editori ( a proposito, eredi : restano 300 rate ) ho visto essere definita “ la vita “, mi pare giusto annotare quei fatti, quegli stati d'animo, quelle note cosiddette di costume che un giorno, chissà, magari potranno anche incuriosire i posteri. Tutti pensano ai posters, invece. Io no. Nacqui di venerdì, in posizione che il ginecologo definì “ ortopodalica “, cioè, per dirla breve, usciì di chiappa, anziché di testa, e c'è un perchè. Venni alla luce ( anzi, alla penombra ; mia madre delibava, pietrificata dall' ombelico in giù, un protoromanzo sceneggiato sul sofà del salotto buono ) ventiquattr' ore dopo l'arrivo, in casa mia, e la conseguente messa in opera, di un ciclopico catafalco a manopole, con cristallo convesso, che fu subito collocato tra il controbuffet e la vaschetta dei pesci rossi. “ Prendilo così ti svaghi “, disse mio padre alla gestante. Furono le sue ultime parole. Data la mancia a un tecnico della Marelli, che installò l'apparecchio ottenendovi subito lattiginose fosforescenze, mio padre non s'è più visto. Fuggì, a quanto pare, con una domatrice di colombe del Circo Eros : lo appresi molto più tardi, quando, durante un pomeriggio di Natale ( in televisione a Natale danno sempre in diretta il circo, subito dopo il Papa ) mia madre, vedendo uno in campo lungo, la giacca piena d'alamari, che spazzava la cacca delle tigri, disse “ è lui, porco ! “, ed ebbe un deliquio. Telefonammo, dopo le gocce di coramina, addirittura alla Direzione Programmi di Corso Sempione, e non lo nascondo che ero emozionato, la mamma continuava a dire : “ eccolo, eccolo, il porco ! Adesso è dietro le foche, in primo piano, quelle che suonano la tromba : presto, fai presto, che dopo c'è Aurelio Fierro, dice il Radiocorriere ! “ E io nella fretta sbagliavo i numeri, perché ero solo alle prime lezioni di “ Telescuola “, il numero 8 il maestro per esempio non l'aveva spiegato ancora, e il numero della RAI di Corso Sempione è addirittura 38.88. Quando si dice il destino ! Insomma, telefonai che già, effettivamente, sul video c'era questo Aurelio Fierro, ( una specie di babà alla crema, paffuto, con una paglietta, che cantava “ Scapricciatiello “) e nel mio cervellino di bimbo avvertivo oscuramente che si perdevano minuti preziosi. Comunque quando entrai in contatto con la Direzione Generale Programmi per i Bambini e spiegai il caso, che poi era semplice, cioè vedere se quel boemo che toglieva le pallottole ai felini era per caso mio padre, prima mi dissero di fare domanda a Roma, poi che non avevano capito bene di che trasmissione si trattava, poi che dovevo venire accompagnato dal padre ( e qui ci fu un equivoco penoso ) “ o da chi ne fa le feci “, e giù li a perder tempo, e a dire che se giustappunto il padre lo cercavamo, non poteva logicamente accompagnarmi, e che le feci le faceva casomai la tigre, lui forse all' incontrario era proprio quello li bruno col secchiello pronto dietro le sbarre, e che insomma vedessero un po' se potevano aiutarci. Ci dissero, dalla Direzione Programmi per Bambini, che forse alla “ Sezione Natale “ qualcuno poteva darci chiarimenti, ma giustappunto era Natale, i funzionari erano tutti a sciare a Cervinia col CAR ( Circolo Ricreativo Aziendale ) e, insomma, basta. Mia madre, che respirava a fatica, mi gridò “ chiedigli se almeno hanno l'ampex “. Io ripetei “ almeno avete l'ampex ? “, senza nemmeno sapere che cos'era, mi risposero che figurarsi se tenevano l'ampex per il circo, al massimo solo per Fanfani ( lì per lì credevo fosse un vocabolario ), e che di orfani era pieno il mondo, mica potevo star lì tanto a rompere le balle. Tanto più che stavano preparando, alla Sezione Bambini, un bellissimo sceneggiato, “ Dagli Appennini alle Ande “, di un certo De Micis, che lo vedessi e che per consolazione mi avrebbero fatto telefonare dall' Ufficio Opinioni per appurare l'indice di gradimento. Telefonarono, infatti, ma io e la mia mamma, è comprensibile, restammo sul freddino. Indice zero virgola cinque, non ci facemmo commuovere neppure dal dottor Vecchietti che diceva : “ ma come ! Non v'è piaciuta neppure la maestrina dalla Penna Rossa ? Neppure Garrone ? Ma che famiglia siete, col cuore di leopardo ? “ E la mia mamma allora a gridare alla cornetta che la botte dà il vino che ha, e che se il nucleo d'utenza gli faceva schifo, amen, la vergogna vera era che qui c'erano un orfano e una vedova bianca solo perché in Corso Sempione non tenevano l'ampex, che poi ho appreso essere un pezzo di celluloide magnetica con il nucleo anche della voce, e che ha i visi delle trasmissioni familiari estinte. Si può perdere un babbo per l'ampex che non c'è ? Si può ? Io l'ho perduto. Dico meglio : l'ho perso. Altro che De Micis. “ Che poi siete anche ipocriti “, diceva la mia mamma, “ perchè se volete, l'ampex, per i Sottosegretari, salta fuori. Quando il Presidente del Consiglio, con licenza, piscia, allora gli mettete anche la moviola alla cannella, gli mettete. E noi li a vedere tutto. Goccia a goccia. “ La mamma s'alterava, lo capivo dal colore viola che, in “Orizzonti della Scienza”, era stato definito, la sera prima, da livello di guardia, e che ora le imporporava le gote. Questa storia della moviola è vera, la mamma aveva ragione. Lo controllai anch'io. Quando vogliono, una immagine al rallentatore dura perfino sei ore. Entro in casa, faccio un esempio, che Mariano Rumor dice “ arco “, mi spoglio, prendo lo yogurt, faccio i compiti, e Rumor è ancora lì che non ha finito di dire “ democratico “. Quindi, ammettiamolo : un pizzico di cattiva volontà c'è stata. Le ricerche del mio babbo non furono mai effettuate. Non sono Pinocchio, purtroppo, e la Fatina dalle Antenne Turchine non mi assiste. Ma ormai lo so : chi può, l'ampex e la moviola c'è l'ha. Eccome. Boninsegna c'è l'ha, la moviola. Paolo VI, anche. La volta che andò nelle Filippine, il Telesanto Padre, mi ricordo ancora quando quel pazzo sciagurato voleva accoltellarlo all'aeroporto, beh, fecero vedere la scena duecento volte, con la moviola anche all'incontrario, e il coltello andava lento lento, c'era il telecronista che sembrava quello della Domenica Sportiva, il Sommo Pontefice zompava leggero, soffice ( con tutto il rispetto sembrava Gigirriva, toh, Chinaglia, che incorna, in area ) e il telecronista che diceva, con la voce triste : “ ora seguite la traiettoria del coltello : si vede benissimo, all'incrocio dei Paoli “. Ma chiudiamo la parentesi. Venni alla luce così. Che anni. La sera, al tramonto, quando suonavano i sacri bronzi di “ Carosello “ ( che poi sarebbe l' Angelus del doppio brodo), io pregavo intensamente, non lo nascondo. E' un'ora dolce, quella delle campane di “ Carosello “. Può un bimbo non intenerirsi ? Un bimbo col babbo rapito dall'ampex, poi ? E allora, non mi vergogno a ripeterlo, in quell'ora mistica, pregavo. “ Petrus “, dicevo, “ tu che sei l'Amarissimo che fa benissimo, fammi ritrovare il mio papa. Oppure : Robiolina, tu che sei tanto pura, aiutami. “ Niente. Sorrideva l' Amaricante, sembrava incoraggiarmi il Permaflex, il Falqui continuava a dire “ basta la parola “, ma io questa parola santa (BABBO) non l'ho proprio sentita mai. Scrissi persino, una sera, al dottor Enzo Biagi. Ma era fuori stanza, e poi il caso non era nemmeno troppo “ thrilling “, lo riconosco. Vivemmo dunque così : io, quella santa donna di mia madre ( per mantenermi agli studi concorreva ai punti qualità, persi purtroppo la quinta quando il Salumificio Molteni ebbe delle noie con degli insaccati sospetti ) e il televisore, che fu il mio secondo padre. I miei ricordi sono tutti legati a lui. A sei anni, cominciò Canzonissima. Feci la prima comunione il giorno in cui la vinse Modugno. La rosolia la feci a letto, e cantava Nunzio Gallo. Gli orecchioni ? Cantava Tony Dallara. Diciassette anni così, diciassette inverni. Mi innamorai di una figlia di un teleutente che cantava Orietta Berti. Canta ancora. Non è cambiato niente. Non so come dire, questo mi da un sentimento di sicurezza. Vent'anni di Canzonissima, con Pippo Baudo e la signorina Goggi che mi pare che dicano sempre le stesse cose, dal 1955 non è cambiato niente : votate, votate, per chi volete ma votate, e ora la parola alle giurie. Ci colleghiamo adesso con Pescara. A voi Pescara. Qui Pescara. Pescara, mi senti ? Pescara effettivamente alle volte non si sente ( e qui avevo un brivido : che sarà mai successo, a Pescara ? ), ma poi ecco il “ Qui Pescara “, virile, che rasserena. C'è ancora giustizia e la patria è una. Il mio nuovo papa' è tutto d'un pezzo. A poco a poco mi ci sono affezionato. Non esce mai. E' sempre in casa. Ha una parola buona per tutti. “ Rinnovate il canone “, dice a primavera. “ Avete ancora un giorno di tempo, per evitare la sopratassa erariale “. E' generoso : ci fa evitare di andare in mora. La sopratassa, la mamma ( che cuce, e agucchia per Bassetti le federe del Consiglio Regionale ) l'ha sempre evitata. Poveri si : morosi mai. Il mio nuovo babbo è profondamente buono. D'estate, dice : “ abbassatemi il volume “ e aggiunge, “ potreste infastidire i vicini “. Mi insegna il francese, fa le previsioni, poi, nelle pause del suo dire, ci mostra anche Gubbio ( Palazzo dei Priori ), oppure Orvieto ( particolare del rosone del Duomo ), e, quand'è in vena, anche la cascata delle Marmore. Insomma, ci si contenta. La mamma anche. Ma capisco, quel che la accora. Lo ama. Ma, per rispetto al mio primo babbo, dormono ancora in stanze separate.

Enrico Dulciora


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