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venerdì 1 luglio 2011

Malagiustizia e vita umana : la storia di Adelfo

 Adelfo non era un giovane come tanti. Possedeva una sana bellezza mediterranea, come la sua terra, Lentini: capelli castani, occhi chiari, sguardo penetrante di un giovane che vede con passione il proprio futuro, fatto di felicità e di occasioni.Era un giovane avviato alla professione di visual merchandiser, le sorelle ne parlano oggi come di un artista; un negozio aperto con il sudore della propria fronte di una terra impervia e difficile per un omosessuale dichiarato fiero di sè.Aveva 25 anni nel 1991 quando, un pomeriggio di novembre (era il 20 novembre del 1991) fu freddato all'uscita della palestra con due colpi di pistola esplosi a bruciapelo da un 17enne a bordo di uno scooter, assistito da un complice che, ovviamente, si è dichiarato incosapevolmente degli intenti criminosi del "compare" che avrebbe accompagnato per "spaventare" qualcuno.La colpa di Adelfo, il motivo della sua morte, fu di essere stato il compagno del padre del proprio carnefice, un noto commerciante locale con moglie e figli (relazione durata tre an e finita da tempo all'epoca dell'omicidio).Una storia che scosse Lentini ed ebbe un'eco in tutta Italia, un omicidio a sangue freddo perpetrato di fronte a quella palestra che ancora oggi i familiari di Adelfo vedono tutti i giorni quando escono di casa.Con tutto il paese in chiesa quel giorno, più di 1000 persone, a rendere l'ultimo saluto a un ragazzo perbene.Un omicidio assurdo con una motivazione assurda, l'omosessualità di Adelfo.Inutile dire che l'assassino non ha fatto un solo giorno di carcere. Quando sparò e uccise gli mancavano 7 mesi per la maggiore età e per questo, difeso da principi del foro abituati a muoversi tra le maglie della legge come i campioni di slalom sulle piste, con il ritiro abbreviato ha patteggiato 7 anni di reclusione. Dei quali 5 passati in comunità e gli altri 2 al di fuori di essa.Quanto vale quindi in Italia la vita di un giovane gay ammazzato a sangue freddo? Niente, nemmeno un giorno di prigione.Non bastasse, i genitori e le tre sorelle di Adelfo non ebbero un automatico risarcimento per quella perdita, ma dovettero, oltre al procedimento per omicidio (che in Italia parte in automatico essendo obbligatoria l'azione penale), intentare anche una causa civile per vedersi risarcito il danno subito.La causa è durata 19 anni: quasi venti anni per vedersi riconosciuto un risarcimento a seguito di un omicidio efferato.Questa causa ha visto l'assassino soccombere in tutti e tre i gradi di giudizio, assise a Siracusa, appello a Catania, e cassazione a Roma: e non poteva essere diversamente ovviamente! E ora, essendo sancita in via definitiva la responsabilità anche civile, si presume che a febbraio 2011 la famiglia del reo sarà spogliata di diversi beni che saranno venduti all'asta per risarcire la famiglia Innao.Nel frattempo però lo Stato pretende oggi dagli eredi di Adelfo, co-obbligati in via solidale con l'accusato, il pagamento di parte delle spese di spettanza per le tasse del ricorso presso la cote d'appello di Catania. Visto che chi dovrebbe pagare... non ha un soldo!Se vi sate stropicciando gli occhi smettete, tanto è inutile. Non state sognando. Non tiratevi un pizzicotto, è tutto vero.La famiglia di Adelfo, parte lesa che tra l'altro non ha promosso l'appello presso il tribunale di Catania, e che l'ha in ogni caso vinto vedendosi riconoscere il diritto a essere risarcita, è tenuta in sede civile comunque a corrispondere oneri a tasse per circa 4.000 € a una società di recupero crediti per tasse non pagate dalla controparte in merito a quel procedimento giudiziario.La società in questione, per essere sicura che le sorelle di Adelfo paghino, ha esercitato il diritto di blocco amministartivo sull'automobile di una delle due, Pinuccia, in quanto unica titolare di un bene mobile cui lo stato può attaccarsi per esigere questi soldi. Così Pinuccia è rimasta a piedi.La prosa è amara, la storia assurda e merita sdegno e denuncia. Non solo questa donna si è vista privare del fratello nel modo che abbiamo descritto. Non solo ha visto l'omicida cavarsela senza un giorno di galera invocando improbabili "dirtti d'onore": oggi si trova anche nlla situazione di essere chiamata a rispondere di spese non onorate dai soccombenti (che risultano tutti stranamente nullateneti pur essendo commercianti di professione) per tasse relative a un appello che non hanno nemmeno chiesto!

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