est consulting

est consulting
Il primo portale dedicato all'investitore italiano in Rep. Ceca e Slovacchia

venerdì 1 luglio 2011

Tributo a Bombolo

Lo chiamavan Bombolo…
…ma il suo vero nome era Franco Lechner
La satira politica, ambito nel quale gli italiani fanno da padroni, è oggi molto scaduta e involgarita dal belare pecoresco (e soprattutto controproducente) dei vari Guzzanti (Sabina), Moretti e Travaglio. Certo, ci sono ancora delle eccezioni, come Guzzanti (Corrado), e in linea di massima Maurizio Crozza, ma i fasti di Noschese e del primo Bagaglino sono molto lontani.
Nel ventennio fascista le libertà di satira erano obiettivamente minori, il che non è sempre un male a mio avviso, almeno ai fini del risultato prodotto. La satira politica fatta in tempo di maggiori limitazioni è sempre fine, sopra le righe e di gran pregio. Basti pensare a come il popolo romano si è sbizzarrito in centinaia di anni a parlar male del papa dando voce alla statua di Pasquino. E nel ventennio fascista, periodo di consenso politico popolare abbastanza ampio, la satira politica trovava due forme di manifestazione principali, entrambe molto sofisticate, la barzelletta (raccontata sotto voce, s’intende) e il doppio senso legato al testo delle emergenti canzonette di musica leggere, diffuse dall’altrettanto emergente radio. In certi casi la canzonetta facile da ricordare diventava, più o meno esplicitamente, una figura retorica per indicare un personaggio politico. Così Mussolini (tra le tante), era “il tamburo principal della banfa d’Affori, che comanda i 550 pifferi” (550 come i consiglieri delle Camera di Fasci e delle Corporazioni), mentre Starace, oggetto della maggior parte delle barzellette, diventava Pippo che “non lo sa, ma quando passa ride tutta la città“.
Nel 1932 il duo Marf e Mascheroni compone una canzonetta molto orecchiabile, il cui motivo è tutt’ora diffuso in varie pubblicità (ne ricordo una di qualche anno fa della Nestlè): si tratta di Bombolo. Persino Totò, oltre vent’anni dopo, la canticchiava all’entrata in scena del film Siamo uomini o caporali? Nell’immaginario collettivo dell’epoca, Bombolo è diventato subito il gerarca Guido Buffarini Guidi, ex sindaco fascista di Pisa e sottosegretario agli interni dal 1933 (dopo l’abiura del grande Arpinati) e fino all’infelice rimpasto governativo del febbraio 1943. Buffarini Guidi, malgrado il suo fare curialesco e la sua avidità di potere, fu ad onor del vero un tecnico molto capace ed un buon ministro. Ma soprattutto era alto così ed era grasso così, proprio come il Bombolo della canzone.
Poco prima dell’uscita della canzonetta di Marf e Mascheroni, il 1 gennaio del 1932 nasceva a Roma – probabilmente nei pressi della Garbatella, secondo altre fonti a Campo de’ Fiori – Franco Lechner, al secolo Bombolo. Il soprannome glielo avevano affibbiato proprio i suoi amici d’infanzia, per la sua strana stazza. Difficile descriverlo, più che altro inutile. O lo si conosce o no, dato che non era riconducibile a nessun tipo. Era Bombolo e basta: parlata romanesca, aria intontita, battuta facile e spontanea di quelle che non fanno più smettere di ridere (non ha quasi mai letto un copione: si metteva davanti alla macchina da presa e stava naturale). Un solo esempio per tutti: nel film Squadra antifurto va a svaligiare un appartamento dei Parioli con Giuseppe Pambieri, lo cala dal tetto e lo fa entrare dalla finestra, Pambieri, da dentro disattiva l’allarme e così può aprire la porta d’ingresso a Bombolo e all’altro complice. Bombolo suona il campanello, Pambieri risponde stranito e sottovoce: “Chi è?” E Bombolo: “I ladri!

Della sua vita si sa molto poco, qualcosa traspare dalle interviste. Aveva la terza media, probabilmente presa alle differenziali, vendeva i piatti al mercato di Campo de’ Fiori, abusivamente e sempre rincorso dalle guardie, quando pioveva vendeva gli ombrelli, d’estate le sedie sdraio. Più o meno come nei film. Aveva un triciclo con la merce e si spostava, e davanti a Cinecittà lo hanno scoperto Castellacci e Pingitore, i registi del Bagaglino. Altri si vantano di averlo lanciato, ma lui attribuì, ospite da Pippo Baudo, la sua scoperta proprio al Bagaglino: “Pingitore m’ha rovinato!“. Pare infatti che rimpiangesse veramente i tempi di quando vendeva i piatti per strada.
Da attore, quasi solo di spalla, ha lanciato più di un tormentone. Si può dire che il suo “Tsè! Tsè!” piangendo, o la sua “danza” del ventre siano diventati famosi come il “soprassediamo” di Ciccio e Franco, o il “camera look” (il guardar dentro la cinepresa) di Oliver Hardy. Ma più in generale, dato che la comicità di Bombolo era sia fisica, che vocale, ed era soprattutto spontanea, ogni sua frase, anche un semplice “Li mortacci sua” poteva diventare un tormentone. Mangiava e beveva tanto, proprio come i personaggi che interpretava. In Delitto al ristorante cinese a Olimpia Di Nardo che gli offre un po’ d’acqua risponde “no a me l’acqua me fa schifo, io bevo solo er vino!“. È morto il 21 agosto del 1987 in un’osteria romana, per arresto cardiocircolatorio. Tutti quelli che lo hanno conosciuto gli hanno voluto bene e ne parlano come di una persona buona e generosa.

La carriera di Bombolo da attore comico – spontaneo (televisione e teatro a parte) vive tre differenti fasi, seppur cronologicamente coincidenti. Quella con i suoi scopritori Castellacci e Pingitore nel Bagaglino, come spalla di Pippo Franco (Nerone, Remo e Romolo, Sfrattato cerca casa equo canone, Attenti a quei P2…). Qui è ancora tra la comparsa e il caratterista, che snocciola una perla geniale ogni tanto.
La seconda fase di Bombolo è probabilmente quella a tutti più nota, ossia quella con Bruno Corbucci. Qui Bombolo è la spalla di Tomas Milian, soprattutto nei film dell’ispettore Giraldi, ex ladro convertito alla polizia. In nove film su undici della serie ufficiale Bombolo interpreta il ladro Bertarelli Franco, detto Venticello, amico d’infanzia dell’ispettore e sempre da lui beccato con le mani nel sacco (e preso a schiaffoni, le mitiche “pizze”). La genesi del soprannome la spiega lo stesso Milian nel terzo film della serie (Squadra antitruffa, del 1977): “Lo chiamano Venticello perchè scureggia sempre, è de pelle corta, basta che chiude l’occhi“. Film dopo film il ruolo di Venticello cresce prepotentemente, fino a diventare quasi coprotagonista con Milian, questo anche perchè la serie muta progressivamente da tardo poliziesco anni settanta a commedia comica con trama gialla appiccicata.
La terza e ultima fase del Bombolo cinematografico è quella che in alcuni film lo vede addirittura come protagonista (È forte un casino, Vacanze d’estate). Il regista Mariano Laurenti (ex aiuto di Fulci) lo mette in coppia con Enzo Cannavale in una serie di film quasi sempre con lo stesso cast (Anna Maria Rizzoli, Vincenzo Crocitti, Lucio Montanaro e Jimmy il Fenomeno), creando una coppia comica dal fiato un po’ corto, ma indubbiamente felice, soprattutto per gli ultimi film delle commedie comico – erotiche (La settimana bianca, La settimana al mare – il migliore di tutti, in cui Bombolo fa il finto turco che vende tappeti – , Una vacanza del cactus…). La coppia Cannavale – Bombolo funziona a tal punto da essere poi utilizzata anche da altri registi, fino alla morte di Bombolo. Nei tardo musicarelli di Nino D’Angelo, per esempio, la loro presenza costituisce oggi l’unica ragione di interesse (così come la partecipazione di Ciccio e Franco nei film di Albano e Romina).




Nessun commento:

Posta un commento