Si
dice : “ avere una brutta gatta da pelare “
Significa
doversi impegnare in un compito arduo e di difficile soluzione. Il
modo di dire si riferisce all'antica consuetudine di usare la pelle
del gatto selvatico, (felis sylvestris), molto simile al soriano
domestico e oggi specie a rischio di estinzione in Italia, per farne
pellicce, e alla difficoltà di catturare l'animale, sfuggente e
furbo, senza rovinare il manto. L'uso del termine “gatta”
deriva dall'uso della lingua antica, (tuttora diffuso al sud), di
indicare al femminile il felino, senza determinazione di sesso, come
ad esempio la lince o la pantera.
Si
dice : “ fare una levata di scudi “
Vuol
dire ribellarsi, protestare, prendere una posizione ostile o molto
polemica nei confronti di qualcosa. L'origine del motto risale a
Roma antica. I soldati romani infatti, attivi al servizio dell'Urbe
per oltre 11 secoli, grazie a una struttura autonoma e ben
organizzata come la legione, usavano manifestare la propria
disapprovazione o minacciare una rivolta, levando in alto gli scudi e
accompagnando il gesto con potenti grida.
Si
dice : “ anno bisesto anno funesto “
Questo
modo di dire associa agli anni bisestili, sciagure ed eventi nefasti.
Tale superstizione nascerebbe dal tempo di Roma antica. L'anno
bisestile fu infatti introdotto nel calendario giuliano, promulgato
da Giulio Cesare nel 46 a. C., per correggere il progressivo
slittamento delle stagioni. I romani facevano l'aggiunta dopo il 24
febbraio, (numerato come sex die prima delle calende di marzo) ; il
giorno in più era bis sexto die, da cui bisestile. Essendo
febbraio, al tempo, ultimo mese dell'anno, dedicato al culto dei
morti, alla purificazione e alle diverse semine, il giorno
aggiuntivo, da un lato prolungava la mestizia, dall'altro scombinava
il calendario rurale ed era detestato dai contadini.
Si
dice : “ essere un Marcantonio “
Vuole
indicare un uomo dal fisico possente e robusto e dal portamento
imponente. In genere lo si fa originare da Marco Antonio, politico
e generale vissuto nell'antica Roma nell'ultimo periodo della
Repubblica, celebre per la sua relazione con la regina d'Egitto
Cleopatra. Fu un uomo aitante ed esuberante, che visse una
giovinezza dissoluta ed ebbe, oltre a Cleopatra, 4 mogli e 8 figli.
Ma un'altra scuola di pensiero, dato che il termine si diffuse nel
XVIII secolo, ipotizza che “marcantonio” si riferisca a
Marc-Antoine Legrand (1673-1728), corpulento e popolarissimo attore
parigino di Comedie-Francaise e Comedie-Italienne.
Si
dice : “ essere un travet “
L'espressione
indica una persona mediocre, grigia, pusillanime, specie nella
propria attività lavorativa. L'origine del termine è in un lavoro
teatrale : “Le miserie d'Monsù Travet”, commedia in 5 atti
scritta in dialetto piemontese, da Vittorio Bersezio e presentata a
Torino nel 1863. Il protagonista, Ignazio Travet, è un impiegato
del governo, (allora Torino era capitale d'Italia), che per quanto
lavori e si dia da fare per essere promosso, subisce vessazioni e
soprusi in cambio di nulla. In breve, “travet”, divenne un
simbolo dell'uomo che patisce ingiustizie, perché incapace di
ribellarsi e dall'opera, nel 1945, fu tratto il film “Le miserie
del signor Travet”, diretto dal grande Mario Soldati e interpretato
da Carlo Campanini.
Si
dice : “ dare il resto del carlino “
E'
un antico detto che significa “dare ad ognuno ciò che gli spetta”,
specie nel senso piuttosto minaccioso di regolare i conti.
L'origine di questo modo di dire, che nel 1885 venne ripreso per dar
nome a un popolare quotidiano di Bologna, è in un certo senso
numismatico. “Carlino” infatti, era una moneta pregiata coniata
in origine nel Regno di Napoli da Carlo I d'Angiò, nel XIII secolo e
in uso anche in altri stati italiani fino agli inizi dell'800. Il
resto di un carlino, quando usato per un acquisto, era dunque una
cifra non trascurabile da restituire, che assunse il valore simbolico
di conto da sistemare.
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