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mercoledì 27 febbraio 2013

La rigenerazione morale e l'omologazione del Gulag.


All'ingresso del libro “Varlam Salamov (Scienze e lettere)”, quasi ad avvertire che di scavo nella voragine del male si tratta, Luigi Fenizi accoglie il lettore con una domanda ruvida e assai poco cerimoniosa : perchè, chiede, tutti conoscono Auschwitz, e nessuno o quasi conosce Kolyma ? Per deficienza del materiale documentario ? No, non è così. Oggi almeno ne sappiamo abbastanza per misurare l'orrore senza riparo del gulag comunista.
Ai cui delitti di malvagità non è neppure mancato il talento letterario di chi, come “Varlam Salamov”, li ha rivissuti, li ha risentiti quei delitti, e così risentendoli e raccontandoli ha comunicato il suo strazio a pagine che stringono ed opprimono. Non la materia del racconto, dunque, e nemmeno la maestria del raccontare : nulla, nulla manca. Eppure …
Eppure, spenzolante dal gancio di quell'interrogativo iniziale, la domanda resta : perchè il nome di Himmler suscita esecrazione e quello, per dire, di Ezov, aguzzino tra i più disfatti nell'animo, non si dilata in circolo con l'onda dell'eguale sdegno ? La risposta di Fenizi batte sull'”asimmetria dell'indulgenza”, dove asimmetrico sta per sbilenco, sbilanciato ; e sbilanciato proprio nel senso che sui piatti dell'umana canaglieria i crimini del nazismo pesano di più di quelli del comunismo perchè, così almeno si pensa, quelli furono delitti che nulla può scusare ; questi invece rimangono errori.
Tragici, micidiali, ma pur sempre errori che come tali hanno deviato per strade storte un progetto, quello comunista appunto, che aveva dalla sua la maestà degli ideali salvifici. Nulla di più sbagliato, secondo Fenizi, per il quale il verme era già nel frutto, (non si sfugge – scrive – alla responsabilità della teoria), e c'è come un ponte volante tra la dottrina del comunismo e i suoi esiti concentrazionari.
Non foss'altro perchè la storia, nei rari momenti in cui sa essere maestra, ci insegna proprio questo : che la “salvezza” degli uomini riesce fatale alla loro libertà. Sempre, con l'implacabile regolarità di un metronomo, sempre, ogni qual volta si è dato di piglio alla “rigenerazione morale ed intellettuale” della collettività, sempre si è fatto capo ad un manipolo di fanatici che, in nome degli uomini quali dovranno essere, si arroga un potere tirannico sugli uomini quali effettivamente sono.
Scrisse una volta Anatole France : “Quando si vuole rendere gli uomini buoni e saggi, liberi, moderati, generosi, fatalmente si è portati a volerli uccidere tutti. Robespierre credeva alla Virtù : fece il Terrore”.
Marx credeva di aver risolto “l'enigma della storia”, sono parole sue. Come meravigliarsi che quella fine, il capitombolo nel Gulag, fosse scritta nel principio ?

Gaetano Pecora


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