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mercoledì 22 maggio 2013

Orizzonte rosa. Mi trucco e poi scappo dall'italica malinconia.


Scritti di donna, per le donne e con le donne. Un punto di vista diverso, particolare, non spurio, sempre originale.
Questo è “Orizzonte rosa” !
Inizio oggi la pubblicazione di racconti e pensieri, scritti da donne, più o meno note del giornalismo italiano,che affrontano i vari argomenti che angosciano la società italiana e non solo.
E lo fanno in quella maniera che solo le donne conoscono.
Buona lettura dunque . . .

 
Io mi ricordo l'entusiasmo e i sacrifici, ben accetti, che servivano a realizzare i buoni propositi. E la mia testa era sempre abbarbicata sull'albero dei sogni. Amici e compagni di università speravano con me. La vita era fatta di scelte : molte di più di quelle che i nostri genitori immaginavano quando siamo nati. Sentire i miei nonni parlare di guerre, viaggi in Canada in nave, di fedeltà ai propri valori : questo mi fa capire quanto la nostra generazione abbia parametri di riferimento diversi.
Siamo nati con i diritti già conquistati. Ho sempre potuto votare, dire e indossare ciò che volevo. L'ottimismo degli anni 80' con cui siamo cresciuti ci ha regalato la spensieratezza, ma oggi credo ci abbia privato della capacità di capire un'Italia sull'orlo del fallimento.
Non sappiamo viverla questa crisi, che è economica, ma anche sociale e morale. Quando ho scritto il post per il blog La27ora, (in cui raccontavo che mio padre al mio trentesimo compleanno mi ha consigliato di emigrare), non avevo idea di quanti giovani condividessero i miei pensieri, né immaginavo ci fossero così tanti genitori pronti a lasciare partire i loro figli.
Non volevo lamentarmi, ma condividere le sensazioni che provo mentre leggo i giornali, che ritraggono un paese al lavoro per sostenere folli spese, mentre il tasso di povertà è all'11% e la disoccupazione giovanile al 36%. La mia generazione sorride poco : non trova lavoro, non ha accesso al credito bancario, non riesce a coltivare passioni, ed è sempre più alienata e incapace di apprezzare le piccole cose, con una solitudine che cresce senza bussola.
Mi riferisco a una diffusa malinconia italiana, che non trova sfogo in una rivoluzione, ma cresce sottovoce nei sogni dei miei coetanei per una vita diversa, da cercare sotto cieli stranieri.
Oggi lavorare in Italia significa adattarsi a compromessi inaccettabili, come stipendi irrisori rispetto all'impegno richiesto. Mi sono accorta che, quando esco con i miei amici, si finisce sempre a parlare di andare via o restare. Non voglio sostenere la fuga in massa dal nostro paese, anzi ! E non voglio nemmeno affermare che questa crisi a più sfaccettature non sia condivisa dagli altri 30enni europei. Forse, però, andare via per un po', capire cosa succede lontano da qui, può aiutarci a trovare strumenti nuovi per cambiare ciò che non va.
Abbiamo la sensazione che poche cose siano dalla nostra parte e ci sentiamo la generazione che pagherà gli errori delle precedenti. Questo peso genera una disillusione che rende cinici, rallenta l'entusiasmo e svuota i cassetti dei progetti comuni.
Il cinema, il cibo, il turismo e la moda sono le nostre risorse più preziose e sono in parte trascurate. A volte sembra che ai piani alti si abbia paura di cambiare ciò che non funziona. Bisognerebbe credere nella forza e nel contributo che i giovani possono dare al futuro italiano, recuperando la cultura che rende educati e gentili nei confronti della vita e del prossimo.
Queste qualità purtroppo non sono dei vaccini prescritti alla nascita, ma vanno nutrite fino da piccoli, partendo dalla scuola. Costruire una civiltà rispettosa e consapevole e continuare a inseguire una felicità realizzabile : questa è la speranza della mia generazione.


Margherita Cardelli

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