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sabato 14 settembre 2013

Orizzonte rosa. L'Italia è finalmente uscita dagli anni 60'.


Improvvisamente, in un lunedì di settembre, ho sentito il bisogno di ascoltare Prince.
Non perchè avessi letto l'intervista in cui Stevie Nicks raccontava come, negli anno 80', lui le avesse chiesto di scrivere le parole di “Purple Rain”, e lei avesse declinato sentendosi inadeguata. Non sentivo il bisogno di rinfrescarmi la memoria su “Purple Rain”, della quale mi basta ricordare, “non ho mai voluto essere il tuo amante del weekend, volevo solo esserti amico”, che ora mi sembra la classica balla che ti impapocchia uno che non ha lasciato la moglie, ma al liceo mi pareva una dichiarazione d'amore commoventissima.
Ho sentito il bisogno di Prince il giorno in cui l'Italia è uscita dagli anni 60'.
In Francia un uomo emaciato è morto di una grande malattia con un nome piccino. Per caso la sua ragazza è incappata in un ago e ha rapidamente fatto la stessa fine”. “Sign o'the times” è del 1987, ed è invecchiata benissimo e malissimo. Malissimo perchè, dal morto di AIDS alla siringa contagiosa, è impregnata di spirito di quel tempo lì, delle malattie che allora erano nuove, delle droghe che allora più s'indossavano. Benissimo perchè suona ancora molto bene, e l'abbiamo molto assorbita, ed è molto immediata : se dovete montare un servizio di telegiornale che parli di come i tempi cambino, o anche di come restino uguali, “Sign o'the times” è la più facile colonna audio di cui disponiate, (e ha l'indubbio vantaggio di essere più raffinata e prestigiosa, da un punto di vista musicale, di, non so, “Nel tempo” di Ligabue).
L'ultimo lunedì di settembre, l'Italia è uscita dagli anni 60'. Sì, sto parlando del settembre 2011, e gli anni 60' sono quelli del secolo precedente.
La mattina, nei bar milanesi, sembrava solo un caso, un evento isolato. Sui tavolini, sulla prima pagina della copia ciancicata del Corriere su cui gli avventori sbriciolavano brioche, Francesco Alberoni dava il suo addio alla rubrica dalla quale ogni lunedì ci aveva avvisato della sparizione delle mezze stagioni e della mancanza di sapore della frutta. Neanche i più accorti l'hanno preso per un segno. Almeno finchè non sono arrivati in ufficio e, dopo aver finta per un quarto d'ora di lavorare, hanno cominciato a ciondolare su internet.
Prima è arrivato l'annuncio della chiusura del Bagaglino, ormai un'istituzione del non far ridere, il cui slogan avrebbe potuto essere “facciamo brutte battute dal 1965”. Poi quello della morte di Sergio Bonelli, l'uomo per colpa del quale i nostri mariti hanno più albi di fumetti dei nostri figli.
Mentre ancora stavamo cercando di convincere gli uomini che abbiamo in casa, che buttare tutti quei Tex sarebbe stata una sensatissima forma di elaborazione del lutto e li avrebbe subito fatti sentire meglio, è arrivato l'ultimo colpo : è morto Enzo Mirigliani. Sì, l'uomo a causa del quale ogni settembre Rai1 è invasa da tizie in costume intero e coroncina, che non solo devono essere telegeniche seminude, ma devono anche dimostrare di avere letto i giornali e di desiderare la pace nel mondo, povere figlie.
Niente più padre dei cowboy a fumetti, niente più padre delle miss in mutande. Gli anni 60', l'unico decennio durato cinquant'anni, erano davvero finiti.
Mia sorella ha ucciso il suo bambino perchè non poteva permettersi di mantenerlo, e noi mandiamo gente sulla luna. In settembre mio cugino s'è fatto la prima canna, ora è giugno e si fa le pere” : ora che sono finiti quegli anni 60' che ci hanno pervaso fin qui, attraverso tutti i decenni, 80' compresi, ora possiamo forse archiviare “Sign o'the times” come la canzone cialtrona e beghina che è, no ?

Guia Soncini

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