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domenica 9 febbraio 2014

Contadini per un mondo migliore.

Non sono tanto sorpreso dal boom di iscrizioni alle facoltà di Agraria. Perché è evidente che tra le nuove generazioni c'è qualcosa che sta cambiando nell'attenzione al cibo e nei modi di produrlo.
Lo stesso incremento di domande per i test d'ingresso lo registrano all'università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (CN) e, dopo aver fatto da apripista nel 2004, notiamo che anche altri atenei moltiplicano i corsi in questa nuova materia, che riteniamo complessa e insegniamo ricorrendo a una forte interdisciplinarietà.
Non credo sia solo la crisi a spingere verso una rivalutazione dei mestieri legati alla terra e alla produzione di cibo. Forse i tempi difficili sono stati una miccia, ma è da anni che noto come i giovani abbiano sviluppato una diversa sensibilità riguardo ai temi della sostenibilità, delle produzioni alimentari buone, pulite e giuste, del lavoro manuale.
Nel 2009 feci un tour di conferenze in tre prestigiose università negli Usa - Yale, Princeton e Harvard - non certo note per formare dei futuri agricoltori, ma chiesi ogni volta all'auditorio chi tra quei ragazzi avesse preso in considerazione un ritorno alla terra dopo la laurea. Sorprendentemente almeno un 10% di studenti alzava la mano, e lo faceva convinto. Lo stesso anno feci l'esperimento in una facoltà italiana di Agraria e la percentuale fu ben più misera.
Ma in quattro anni, evidentemente, quella tendenza cresciuta prima negli Stati Uniti è arrivata anche da noi. E non ci vuole molto ad accorgersi che siamo un paese che dal punto di vista agricolo e alimentare, offre delle opportunità incredibili a chi voglia cimentarsi in tali mestieri. La cosa migliore, poi, è che quelli che torneranno a fare i contadini, gli artigiani del cibo, i pescatori, gli affinatori di formaggi, i mastri birrai saranno dei laureati. Una novità, perché non si tratterà di andare a fare la vita grama dei loro avi : nessuna nostalgia dei bei tempi antichi, ma una botta di modernità che, questa sì, sorprenderà molti.
Questi giovani, una volta all'opera, sanno mescolare il rispetto e lo studio della tradizione con le nuove tecnologie dei tempi globalizzati, aggiungendo una dose di creatività inimmaginabile da chi si ferma ai vecchi stereotipi legati alla vita del contadino. Fanno ben sperare, per una rinascita dei valori del cibo che non sarà solo italiana, perché già spazia dall'avanzata e industrializzata America fino alle università africane.
Studiano gastronomia, fanno gastronomia per diventare i contadini e gli artigiani del futuro, saranno più felici e miglioreranno un po' il mondo.

Carlo Petrini



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