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Il primo portale dedicato all'investitore italiano in Rep. Ceca e Slovacchia

giovedì 29 gennaio 2015

Orizzonte rosa. La moda è voglia di libertà.

All'inizio degli anni 80 i grandi magazzini Bonwit Teller sulla Fifth Avenue di New York, chiesero ad alcuni stilisti di creare dei look per le loro vetrine. Le indicazioni: "Che cosa indosseremo nel 2000?".
Anziché disegnare un vestito, io dipinsi una stampa leopardata su un manichino. Mai avrei pensato che gli abiti a portafoglio che stavo producendo all'epoca, avrebbero continuato a essere rilevanti nel XXI secolo. Mi stupisce che, alla vigilia del 40º compleanno di quel vestito, nel 2014, la mia piccola creazione venga ancora indossata dalle giovani donne di tutto il mondo.
Poiché la moda è un'energia indescrivibile che incarna lo spirito del tempo, è impossibile prevedere che direzione prenderà. Se però guardo avanti e mi chiedo che cosa potrebbe essere ancora rilevante nella moda tra qualche anno, mi tornano alla mente le epoche in cui a definire lo stile era la libertà.
Sono così felice di essere stata giovane negli anni 70 e aver preso parte al movimento femminista, con tutto ciò che ha significato. La mia generazione si è comportata come se la libertà fosse una sua invenzione.
Fu un'epoca, quella, tra la scoperta della pillola e l'epidemia dell'AIDS, in cui il sesso si faceva per divertimento e con spensieratezza. All'epoca noi stilisti cercavamo l'ispirazione tornando indietro di quarant'anni, negli anni 30. Amavamo i loro mobili e la loro architettura, tutto rigorosamente minimalista, e lo stile leggero dell'abbigliamento. Anche se erano tempi bui, che precedevano l'inizio della guerra, i 30 esprimevano un senso di libertà e di possibilità infinite.
E oggi i giovani in cerca di ispirazione sembrano rivolgere lo sguardo ai 70, altra epoca di libertà.
Con l'avvicinarsi del XXI secolo, nel mondo hanno cominciato a serpeggiare l'incertezza e la paura del Millennium bug, che in teoria avrebbe dovuto provocare enormi disagi. Ma era una paura infondata, passata la quale ci siamo anzi tuffati in pieno nella rivoluzione globale digitale.
La tecnologia ha reso possibile copiare le cose molto velocemente, e a mano a mano che le stampanti 3D diventeranno più accessibili, la gente sarà in grado di produrre a casa proprio tutto ciò che vorrà.
Chi si guadagna da vivere producendo oggetti, dovrà adattarsi a questa novità. Il che però non significa che tutto questo distruggerà la qualità del design. La moda non scomparirà per colpa delle stampanti 3D. La moda è ovunque: nel cibo, nelle case, nei nostri comportamenti.
E da sempre chi produce per vendere alle masse, ha riconosciuto il valore degli stilisti, contribuendo a diffonderne le idee.
Ma se anche gli stilisti dovessero smettere di disegnare, la moda continuerebbe lo stesso. Le tendenze nascono per strada, attraverso i comportamenti, come quando tutt'a un tratto, i giovani cominciarono a calzare anfibi militari. La moda va avanti comunque.
Non sono in grado di prevedere come ci vestiremo nel futuro, se torneranno in voga le spalline imbottite o se il mio abitino portafoglio continuerà a vivere, ma sono sicura che la tecnologia e la moda convivranno fianco a fianco in armonia
La tecnologia migliorerà il nostro modo di produrre la moda e distribuirla.
Con Instagram, Facebook e Twitter siamo diventati più creativi, ci siamo aperti e siamo diventati trasparenti. Per chi finge, il mondo è diventato un posto che fa paura. A tutti gli altri questa apertura ha regalato più libertà. E la vera rivoluzione sta proprio in questa apertura. Sta nella distribuzione delle cose, più che nelle cose stesse.
Chi l'avesse previsto? Proprio un'icona degli anni 70: Andy Warhol. Aveva intravisto il mondo in cui tutti noi stiamo entrando. Ha vissuto il primo dei reality show, capito le icone e il branding molto prima di chiunque altro. Le sue immagini della coca-cola, di Jackie Kennedy o delle minestre Campbell hanno segnato l'inizio di ciò che viviamo ora. È facile immaginare Andy che usa Instagram o Facebook ...


Diane von Furstenberg

mercoledì 14 gennaio 2015

Accendiamo l'investimento ? Accendini da collezione e investimento.

Già 30mila anni fa gli uomini avevano imparato a utilizzare il silicio e la
pietra focaia, gli elementi base per il funzionamento di un accendino. Da allora di passi in avanti se ne sono fatti e dalle scintille provocate dalla pietra e silicio, si è arrivati alla combustione di gas conservato ad alta pressione, per avere la piccola fiamma tipica dei moderni accendini.
L'antenato del moderno accendino fu prodotto nel 1832 dal chimico tedesco Johann Wolfgang Dobereiner, che sviluppò un prototipo che utilizzava come combustibile l'idrogeno prodotto all'interno della lampada, grazie a una reazione chimica. Sebbene il suo modello abbia subito ricevuto un certo successo di pubblico, purtroppo aveva la pericolosa tendenza a esplodere : al prodotto di Dobereiner fu dato infatti l'appellativo di "invenzione infernale" e la sua produzione terminò agli inizi del 20º secolo.
Alfred Dunhill fu il primo a comprendere le potenzialità di mercato dell'accendino portatile. Il produttore di sigarette britannico iniziò la sua carriera vendendo vari prodotti artigianali, personalizzabili e sempre coperti da brevetti, in piccole botteghe nel centro di Londra. Gran conoscitore delle necessità della propria clientela, all'inizio del 20º secolo acquistò i diritti per la produzione degli accendini di sigarette e lanciò sul mercato il primo modello al mondo utilizzabile con una sola mano. Disponibile in oro e argento, il modello "Unique" del 1924, divenne il suo primo e immediato successo. Oggi è possibile trovare esemplari storici a partire da circa 300 euro.
Altri marchi cominciarono a estendere la propria offerta, producendo modelli di lusso per donne e uomini di alta classe. Ad esempio, Cartier produsse accendini come se fossero dei veri e propri gioielli. Lanciò sul mercato un modello in oro 18 carati e gemme preziose, le cui possibilità di personalizzazione si estesero con l'introduzione di nuovi materiali, come l'argento, i diamanti e addirittura inserti in porcellana cinese.
Tra gli accendini con le quotazioni più alte del mercato dell'antiquariato, oggi troviamo quelli marchiati ST Dupont. La storia del marchio francese, inizia con un viaggio a New York nel 1929 di Lussien Dupont, il suo fondatore. Nella città statunitense in piena Grande Depressione, il commerciante di pelli francese toccò con mano quali fossero gli effetti del crack della borsa e della successiva recessione sui nuovi ricchi americani, ridotti quasi tutti istantaneamente in povertà. Pertanto il signor Dupont decise che la media e alta borghesia, fosse un segmento troppo esposto ai repentini cambiamenti economici. Definì quindi che i clienti di riferimento per i suoi prodotti di lusso, dovessero essere aristocratici, artisti e multimiliardari.
Con l'obiettivo di catturare l'interesse di queste classi più stabili e meno fragili verso situazioni congiunturali, analizzò quali fossero i gusti dei suoi futuri clienti e notò che la maggior parte di loro, soprattutto i fumatori di sigari molto costosi, non utilizzava come combustibile la benzina, bensì il gas, notevolmente meno odoroso. Grazie a questa scoperta, riuscì a imporre il successo dei prodotti ST Dupont e a stabilire in maniera definitiva, la supremazia commerciale del gas come combustibile per accendini.
Gli Stati Uniti però non offrivano solo enormi opportunità per i prodotti di lusso ; la crescente domanda da parte della classe media, fece sì che fossero introdotti dei modelli per rispondere alle nuove esigenze e a buon prezzo. Gli Zippo, tra gli accendini più iconici al mondo, nacquero proprio per rispondere a questa esigenza. Il loro ideatore, George Blaisdell, iniziò la sua carriera importando modelli europei, più precisamente dall'Austria.
L'imprenditore americano comprese che le esigenze dei suoi concittadini, erano sostanzialmente diverse da quelle dei clienti europei e per cogliere le opportunità che il mercato li stava offrendo, decise di cambiare il suo modello di business e di avviare una sua produzione di accendini americani.
L'idea dietro lo Zippo era quello di raggiungere il più vasto numero di clienti possibili e costare all'incirca due dollari. Per assicurare il pubblico sulla qualità dei suoi prodotti, nonostante il prezzo basso, decise di offrire una garanzia a vita sui suoi modelli.
Sebbene considerato come un prodotto per tutte le tasche, negli oltre 80 anni di storia del marchio americano, furono prodotte anche varianti in oro e argento. Ad oggi, tra i collezionisti, gli Zippo possono essere considerati una sorta di valuta internazionale. I numerosi modelli a produzione limitata, la loro storia e il loro successo commerciale, li rendono gli accendini più diffusi tra i collezionisti di tutto il mondo. Ad esempio, un esemplare degli anni 40' può essere acquistato a circa 40 euro.
Le storie sugli imprenditori, i loro successi, ma anche i loro fallimenti commerciali, sono un valore aggiunto per gli appassionati. Gli incrementi di valore per gli accendini storici possono essere notevoli, con quotazioni che raggiungono anche livelli molto elevati, soprattutto per gli oggetti prodotti in serie limitata.
Ad esempio, lo ST Dupont Prestige Pink, tuttora presente in commercio, raggiunge prezzi superiori ai 25mila euro. Presso la famosa casa d'aste Christie's, le quotazioni per un accendino Dunhill, risalente alla metà del secolo scorso, hanno raggiunto i 2.300 euro. Chi brucia di passione per gli accendini, ma non a queste disponibilità economiche, non si deve spaventare : ci sono possibilità per tutte le tasche.

Curiosità
La Zippo divenne popolare soprattutto durante la seconda guerra mondiale, quando fermò la fabbricazione degli accendini per i normali consumatori e dedicò tutta la sua produzione all'esercito americano.

Un po' di colore
visto che le quotazioni degli accendini storici possono bruciare i risparmi, per iniziare una collezione può essere necessario avere a disposizione risorse economiche non indifferenti. Per gli appassionati con meno pretese, le marche di accendini Clipper e Bic, propongono versioni colorate ed edizioni limitate dei loro prodotti. Con soli pochi euro è quindi possibile iniziare una collezione giovanile e dinamica, anche con prodotti vintage.


venerdì 2 gennaio 2015

Fra vent'anni l'Italia non esisterà più !

Questa lettera pubblicata da “La Voce di Rovigo” il lunedì 29 dicembre 2014, a firma di Gianluca Cappello, emigrante italiano in Inghilterra, mi fa fare una riflessione sull'incredibile livello di degrado e sull'inarrestabile declino che sta vivendo il “non paese” italiano. Fino a farmi arrivare alla conclusione che fra vent'anni l'Italia non esisterà più !
Un paese che non vuole impresa, un paese dove lo scollamento tra istituzioni e società civile è totale, un paese affamato di denaro, non può considerarsi una nazione ma un girone dantesco.
Bene hanno fatto coloro che se ne sono andati e presto devono fare coloro che sono ancora indecisi, perché un paese che non rispetta la sua gente non merita di essere vissuto.
Io mi auguro che arrivi la Troika, così finalmente finirà questa farsa sulla democrazia e sui diritti, dei quali non abbiamo mai goduto. E sicuramente la Troika manderà a casa tutto quell'esercito di malfattori e incompetenti che da 40 anni governa il “non paese” italiano.


Gentile direttore, sono un italiano, (nato a Badia Polesine - RO, nel 1967), residente è domiciliato in Inghilterra da oltre 20 anni e regolarmente iscritto AIRE ; sono sposato con una cittadina inglese e padre di due figli che sto crescendo bilingue.
Ancora oggi soffro di nostalgia e di un amore sviscerato per la mia terra, che solo un emigrante attaccato alle proprie radici può provare. Naturalmente non manco di tornare nella mia città natale ogni qualvolta gli impegni me lo permettono, anche perché a Rovigo ho lasciato i miei genitori, gli amici e ... il cuore.
Forte di una formazione scolastica per la commercializzazione con l'estero e di altre importanti esperienze lavorative in Italia o qui fondato, e sto portando avanti un'azienda con un mio marchio intesa, a promuovere e divulgare prodotti made in Italy che commercializzo in tutto il Regno Unito e non solo. Seguo da vicino le vicende del mio paese che, soprattutto in questi ultimi tempi, lasciano purtroppo spazio ai continui scandali che fanno di noi un popolo di ladri e mafiosi.
So bene che non è così ! So bene che milioni di italiani come e più di me sudano sangue da decenni e, se ne valesse la pena, darebbero anche la vita, (molti l'hanno data), per riportare in auge un paese da sempre tra i più lodati e invidiati del mondo ma che ultimamente, grazie ad una classe dirigenziale ... indefinibile, ha portato la nazione alla rovina.
L'eco su quanto sta succedendo giunge qui a volte amplificato, ma spesso le notizie sono più complete di quanto non siano a vostro sapere e creano notevoli difficoltà di credito alle nostre iniziative e soffocando anche l'orgoglio delle nostre origini. Particolarmente in questi giorni veniamo scherniti e umiliati per la ramificazione mafiosa che ha coperto tutto lo stivale ; che si è infiltrata in ogni istituzione e luogo e che la fa da padrona alla luce del sole.
Una piovra i cui tentacoli si stanno muovendo su tutti i fronti accalappiando anche il respiro e soffocando la speranza di un'Italia migliore e, tra le altre schifezze, egregio direttore, secondo lei c'era proprio bisogno che nel recente caos delle tasse sulla casa, noi residenti all'estero che la "pagnotta" la guadagniamo fuori dai confini, per portare il nostro sangue in Italia, si dovesse essere tassati come fossimo dei Rockfeller ?
A nessuno, proprio a nessuno di questi "luminari" che così spudoratamente hanno legiferato, è venuto in mente che l'italiano all'estero potrebbe anche essere un povero Cristo senza beni e vivere in affitto senza proprietà alcuna nel paese che lo ospita ?
O forse sempre e comunque l'emigrante deve essere considerato la gallina dalle uova d'oro da spremere in ogni e qualsiasi occasione senza che nessuna voce si alzi a sua difesa ?
Perché una proprietà sfitta dell'emigrante, a prescindere, viene considerata seconda casa e come tale "tartassata" da imposizioni, tasse, tributi, eccetera, con l'applicazione del massimo delle aliquote ?
Come viene raggiunto dalle schede elettorali, perché l'emigrante regolarmente iscritto AIRE non viene informato dal proprio comune sul quanto in essere ?
È tenuto l'emigrante a rispondere alle successive eventuali sanzioni se non informato del quanto ?
Perché tanti amministratori, politici, industriali che in Italia frodano milioni, se scoperti vengono premiati con ridicoli patteggiamenti e si trattengono il resto del maltolto, (vedi non ultimo Galan e company), mentre l'emigrante che con il sangue porta la sua "ricchezza" in Italia viene tartassato e spolpato ?
Quanti perché gentile direttore e quanti altri ne avrei ancora, ma lei
avrebbe la bontà di ascoltarli ?
Io sognavo di tornare un giorno nel mio paese per sempre e, in previsione, avevo da poco acquistato casa. Mai l'avessi fatto !
Sempre nel caos che accompagna ogni anno la norma sui tributi, nel 2013 risultando proprietario di una prima casa, ho versato la bella cifra di 320 euro, (per me è un furto), mentre quest'anno 2014 il furto trasformato in rapina è quadruplicato a 1390 euro ! Sono terrorizzato ! Non è che nel 2015 me la ottuplicheranno ?
Ho deciso ! Sperando di vendere al più presto questa mia lussuosa proprietà, i miei futuri investimenti li farò qui ; prenderò la cittadinanza inglese e ai miei figli racconterò la fiaba dell'Italia ... "C'era una volta un paese ... che ora non c'è più ...".
La ringrazio davvero per l'accoglienza e porgendole i miei migliori saluti auguro a lei e collaboratori un sincero buon Natale.

Gianluca Cappello