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domenica 27 settembre 2015

Non abbiamo il wi-fi. Parlate tra di voi.

Mi trovavo in un luogo pubblico e a un certo punto il mio sguardo è caduto su un cartello su cui era scritto, "no wi-fi, parlate tra di voi". Credo che questo messaggio sintetizzi quello che sta accadendo. Ci incontriamo, ma non parliamo più. Siamo presenti, ma la connessione ci porta lontano, ci impedisce il rapporto diretto con chi ci è davanti. Questa frase allora sintetizza un'indicazione che vorremmo percorrere e che riprende indirettamente il senso della festa del santo di Assisi, dedicata alla pace, alla fraternità, al dialogo tra culture e fedi diverse.
E quanto mai vero che, a volte, stando con gli amici o con le persone, facciamo fatica a dialogare. Non vogliamo demonizzare il Web, ma cogliere le opportunità che esso ci offre. La rete significa informazione, circolarità, incontro con il prossimo e, perché no, con Dio. È uno spazio di esperienza che è già diventato parte integrante di ognuno di noi, un luogo dove apprendere contenuti ed estendere la vita quotidiana.
Qui possiamo arricchire le nostre relazioni con delle potenzialità incredibili. È stata la rete a portare l'informazione e l'inclusione sociale a livelli mai raggiunti prima. Il Web ci fa comprendere l'altrove e, paradossalmente, anche "l'Altrove".
Mi sovviene l'immagine evangelica con la quale Gesù, lungo il mare di Galilea, invitava i suoi discepoli dicendo : "Seguitemi, vi farò pescatori di uomini". Per questi e tanti altri motivi, San Francesco probabilmente parlerebbe di "sorella rete". Ma c'è anche un pericolo, quello che la vita on-line diventi la nostra unica vita. Essa deve essere pensata invece come continuazione della realtà e non come il nostro unico mondo, altrimenti il Web si trasforma in una forma di alienazione che annulla tutti quei valori che riguardano l'uomo come essere vivente : l'altruismo, il contatto umano.
Inoltre, l'incredibile quantità di notizie che arrivano dal Web, non sempre sono buone, non sempre ci giovano. Ed è per questo che abbiamo bisogno della nostra interiorità, dei nostri valori : nel mare magnum di internet dobbiamo essere in grado di discernere il bene dal male, il frumento dalla zizzania.
Mi piace pensare che internet ci ha dato la possibilità di una "cultura circolare" e non piramidale. È la stessa rivoluzione operata da San Francesco quando ha iniziato a pensare ad un nuovo modo di stare insieme : non uno al di sopra dell'altro, ma uno accanto all'altro, uno per l'altro. Qui tutti siamo allo stesso livello, tutti possono prendere contatto con tutti e attraverso la finestra di internet possiamo mettere da parte l'imbarazzo e chiedere aiuto o meglio, essere d'aiuto.
Non sprechiamo questa opportunità, dopo un primo passo nel Web e necessario tornare con i piedi per terra. Chi chiede aiuto ha bisogno di gesti reali, è necessario abbandonare l'atteggiamento di semplice spettatore. Sono necessarie le mani tese da poter stringere e gesti su cui contare. Proprio come quelli di San Francesco verso i lebbrosi e i poveri. Prendiamo esempio da lui, rimaniamo connessi ... soprattutto con il prossimo.


Enzo Fortunato

mercoledì 23 settembre 2015

Modi di dire 22

Si dice . . . “ essere un'armata Brancaleone “

Indica in senso dispregiativo un gruppo di persone messe insieme per raggiungere uno scopo, ma raccogliticce e molto male assortite. All'origine del detto sta il film di Mario Monicelli L'armata Brancaleone, del 1966. Il lavoro, ambientato nell'Italia dell' XI secolo, narra le grottesche vicende di Brancaleone da Norcia, (Vittorio Gassman), cavaliere spiantato e millantatore, che guida un gruppo di straccioni alla presa di possesso di un lontano feudo pugliese. Il film ebbe tale successo da entrare subito nell'immaginario popolare.


Si dice . . . “ fare dei voli pindarici “

L'espressione indica in un qualunque discorso scritto oppure parlato, dei salti di tema, il rapido passaggio da un argomento ad un altro, senza un'apparente connessione logica, vedi anche l'espressione “saltare di palo in frasca”. Di recente, in modo improprio, con questa frase ci si riferisce a lunghe disgressioni di fantasia, che si discostano dal tema principale di un discorso. Il riferimento è comunque al grande poeta lirico greco Pindaro, (Cinocefale ca. 522 a.C. - Argo 442 a.C.), che già presso i suoi contemporanei era celebre per i salti logici improvvisi, da un argomento ad un altro tipici delle sue composizioni, allo scopo di suscitare stupore nei lettori.


Si dice . . . “ finire in braghe di tela “

L'espressione significa andare in malora, perdere i propri beni. La frase origina da ciò che accadeva nel XIII secolo a Padova. Al tempo i debitori insolventi venivano condannati al carcere o a frustate in pubblico. Nel 1231, frate Antonio, che sarà santo, col suo carisma riuscì a ottenere dal governo del comune una pena più umana : che i falliti si esponessero in camicia e “braghe di tela”, cioè in mutande, su un sedile di porfido detto Pietra del Vituperio nel Palazzo della Ragione. I condannati sedevano ripetendo in pubblico 3 volte la formula cedo bonis, cedo i miei beni, e lasciavano la città.


Si dice . . . “vendere la pelle dell'orso … prima di averlo preso”

Il detto “vendere la pelle dell'orso ...”, sottinteso prima di averlo preso, vuol dire credere, sbagliando, di disporre di qualcosa che ancora non si ha o di dare per scontato l'esito di una situazione ancora non risolta. La frase ha origine da un aneddoto popolare riferito dal letterato del XVII secolo Paolo Minucci : tre cacciatori, in un'osteria, mangiano a credito promettendo di pagare il conto con i soldi ottenuti, con la taglia posta su un pericoloso orso. Ma il plantigrado si rivelerà preda ostica : uno dei tre cacciatori fugge per paura, un altro sale su un albero, il terzo viene assalito e si finge morto. L'orso allora si avvicina allo sventurato e pare sussurrargli : non vendere la pelle dell'orso prima di averlo catturato.


Si dice . . . “essere l'ultima ruota del carro”

Vuol dire non contare nulla, avere la minore importanza in un gruppo o in un contesto. La frase origina dal tempo in cui i carri agricoli erano i principali mezzi di trasporto. Anche essi avevano a bordo una ruota di scorta, in genere fissata nel retro del veicolo, da adoperare solo nei casi di emergenza. Già il dizionario della lingua italiana di Niccolò Tommaseo, (edito nel nel 1865), riporta l'espressione idiomatica “essere la quinta ruota del carro”, che ha significato analogo alla frase usata oggi e che chiarisce quale sia stata l'evoluzione.


Si dice . . . “fare un saltafosso”

Vuol dire tendere un tranello che consiste nel dare per certo un fatto, solo possibile per indurre qualcuno a dire o a fare qualcosa che non vorrebbe. Per esempio : in un interrogatorio, un inquirente dice al complice di una banda criminale che i suoi compagni hanno confessato, per indurlo a parlare a sua volta. L'immagine all'origine del detto, il fosso, è un solco scavato nel terreno in cui scorre l'acqua e rappresenta simbolicamente una barriera da scavalcare per migliorare, (vedi “saltare il fosso”, prendere una decisione importante). Ma qui si tratta di far credere all'altro di poter superare l'ostacolo, inducendolo invece all'errore.


Si dice . . . “essere un Carneade”

L'espressione “essere un Carneade” indica un personaggio sconosciuto che di colpo fa parlare di se. Il riferimento è a Carneade di Cirene, (214-129 a.C.), filosofo greco della scuola degli scettici, ma la frase si ispira al celebre “Carneade, chi era costui?” con cui si apre il capitolo VIII de I promessi sposi di Alessandro Manzoni, pronunciato da don Abbondio mentre legge un “panegirico” su San Carlo Borromeo. All'interno del testo il prelato trova menzionato il filosofo. La fortuna dell'espressione è stata tale che spesso, quando ci si riferiva ad uno sconosciuto balzato agli onori della cronaca, si usava riprenderne il nome aggiungendo : “Chi era costui?”


Si dice . . . “l'occhio del padrone ingrassa il cavallo”

Significa che solo un costante interesse personale verso i propri beni o affari può farli rendere in modo soddisfacente. Il proverbio latino “oculus domini saginat equum”, attribuito all'agronomo Columella, (4-70 d.C.), che sta alla base della frase fatta, faceva infatti intendere che solo la vicinanza, la presenza affettuosa del suo proprietario, garantisce il benessere dell'animale anche perché – come recitava un'antica favola – se il signore incarica del nutrimento del suo cavallo un servo, è probabile che costui si venda gran parte della porzione di fieno e che il povero equino dimagrisca sempre di più.


Si dice . . . “di riffa o di raffa”

Più usata al centro nord, l'espressione “di riffa o di raffa” significa raggiungere lo scopo in un modo o nell'altro o, con più precisione, con le buone o con le cattive. Dei due termini della locuzione, “riffa”, (dallo spagnolo rifa, lotteria), è il più conosciuto : si riferisce a una lotteria privata, che ha per premi oggetti di valore. Ma in questa locuzione, “riffa” ha invece l'accezione, sempre di origine ispanica, di sopruso, prepotenza, baruffa. “Raffa” dal canto suo deriva dall'antico verbo raffare, contrazione di arraffare, strappare via con aggressività o con l'inganno. Di riffa o di raffa quindi evoca fortuna, ma soprattutto sopraffazione o malafede.


Si dice . . . “prendere per oro colato”


L'espressione “prendere per (o come) oro colato” vuol dire accettare un'affermazione o un discorso come assolutamente veritieri e reali, senza alcuna remora o tentennamento. L'oro colato a cui si riferisce è detto anche “di coppella” oppure oro zecchino. Si tratta dell'oro purissimo, cioè quello che fin dai tempi antichi veniva sottoposto al processo della “coppellazione”. Attraverso questo procedimento, il metallo prezioso veniva fuso in forno a temperature altissime e poi colato in croggioli porosi a forma di piccole coppe, in modo da poter essere separato dagli altri metalli meno nobili, che fondono a temperature più basse. 

venerdì 18 settembre 2015

Il I° raduno Ersilia ed Ersilio nel mondo.

Nella mia vita non avrei mai pensato di organizzare un raduno.
Lo scorso anno, in accordo con il mio omonimo Donati, ci venne in mente di organizzare un raduno degli Ersilio ed Ersilia, considerato il grande numero che erano in Facebook. Dapprima la data era del 12 maggio, poi grazie a quel "non so come definirlo"
per non incorrere nel termine razzista, che mi ha prima ridotto sulla sedia a rotelle ed ancora oggi alla stampella, abbiamo di comune accordo spostato la data al 12/13 settembre 2015.
Man mano che la data si avvicinava i dinieghi aumentavano con mio grande sconcerto per il fallimento dell'impresa. Se non fosse stato per Ersilio Donati avrei annullato tutto. Poi per fortuna sono arrivate le prime adesioni.
Per il 12 ho avuto il piacere di ricevere Ersilio Barbarossa con signora Ivana e Ersilio Lillo Testa con la sua graziosa signora Micaela, a cui ho trovato un hotel vicinissimo al mare e a casa mia . Abbiamo passato una bella giornata al mare con uno spuntino di antipasti di pesce in un bar sulla spiaggia. Alla sera giro panoramico sulle colline con cena romagnola in tipico locale arroccato su una collina in un paesino di 8 abitanti con musica balli e barzellette, per finire la serata con un ottimo mojito al Copa Cabana per crollare nei nostri letti alle 2 del mattino.
Domenica 13 ci raggiungono Ersilio Spezzani con la signora Rosa, Ersilio Donati con la signora Rossella e l'intellettuale Ersilio Gallimberti.
Visita del centro di Rimini con i suoi monumenti della antica “Ariminum” e dei fasti dei Malatesta per chiudere la giornata clou del raduno al ristorante Ma' Tilda, dove abbiamo apprezzato l'accoglienza e la disponibilità dei titolari e dove abbiamo gustato l'ottima qualità degli antipasti di pesce freddi, caldi e crudo per non parlare dei primi e del vino che è corso a fiumi.
Alle 18 circa belli satolli e bevuti, abbiamo fatto rientro alle nostre case. Devo dire ad onor del vero che fino a quando non ho ricevuto un avviso che erano tutti rientrati sono stato molto in pensiero. Se avessero fatto loro il test dell'alcol gli avrebbero sequestrato anche le mutande.
Eravamo 6 Ersilio e neanche una Ersilia, ma io sono rimasto veramente soddisfatto, ho conosciuto persone ottime e vere e soprattutto dei grandi AMICI.
Al prossimo raduno se mai ci sarà, sicuramente noi 6 saremo presto ancora insieme.


Ersilio Sabbatelli
Gli Ersilio in piazza a Rimini

sabato 12 settembre 2015

Ha ancora senso l'Ordine dei giornalisti ?

Ad ogni legislatura, puntuale come una crisi di governo, arriva in Parlamento un progetto di riforma dell'Ordine dei giornalisti, retto da una legge del 1963.
In quell'anno Martin Luther King pronunciava "I have a dream", John F. Kennedy veniva ucciso a Dallas, cedeva la diga del Vajont, i Beatles pubblicavano il loro primo album, Calimero esordiva a "Carosello".
1963 : 10 anni prima delle radio libere, 20 prima delle televisioni private, 30 prima dei cellulari e di Internet domestica, 40 prima della banda larga. Calimero forse no ; ma le altre cose, col mestiere di giornalista, c'entrano.
La legge che regola il nostro mestiere ha cinquantadue anni. L'accesso è ancora basato sul praticantato in redazione, quasi scomparso. L'esame resta modellato sul quotidiano cartaceo, ovunque in difficoltà. In Italia gli iscritti all'ordine, (professionisti, pubblicisti, elenchi speciali), sono circa 120.000. Il triplo di quanti esercitano il mestiere in Francia, il doppio rispetto al Regno Unito. In Lombardia c'è un giornalista ogni 437 persone, in Campania ogni 544, in Piemonte ogni 645. Solo il 45% risulta professionalmente attivo ; cosa ci facciano gli altri con la tessera, sarei curioso di saperlo.
Il presidente dell'Ordine della Lombardia, Gabriele Dossena, collega al Corriere, mi ha raccontato d'aver ricevuto una telefonata : "Un suo collega pretende di entrare qui a Gardaland con quattro figli, mostrando la tessera di pubblicista !". Beh, potrebbe essere un'indicazione.
Se l'Ordine dei giornalisti vuole sopravvivere, deve trovare il modo di riconoscere la qualifica di giornalista a chi fa davvero il giornalista. Deve garantire standard di qualità, affidabilità, indipendenza, "bollino blu", lo chiama Peter Gomez. Deve aggiornare l'accesso alla professione, oggi anacronistico e discrezionale. Se oggi l'Ordine non pensa ai colleghi di domani, questi, appena potranno, lo spazzeranno via.
Se noi giornalisti vogliamo un futuro professionale, non basta ripetere di essere indispensabili in una democrazia, anche se è vero. Dobbiamo dimostrarci utili. Chi non è utile, infatti, prima o poi scompare. Di solito prima.
Questo ho detto ieri al convegno "l'Italia cambia. Cambia il giornalismo ?", organizzato da Anna Masera alla Camera dei Deputati. Qualche collega, temo, non ha capito. Ma molti altri si.

Beppe Severgnini

martedì 8 settembre 2015

Donne in politica. Oneste e affidabili.

Più donne in posti di responsabilità uguale meno corruzione. L'equazione va dimostrata, ma nella percezione degli italiani è già un dato di fatto.
"Dovendo scegliere a chi affidare la gestione dei fondi pubblici, tra un uomo e una donna, a parità di competenze, chi sceglierebbe?". La domanda posta da EuromediaResearch di Alessandra Ghisleri, nell'ambito di una ricerca condotta per conto della Fondazione Bellisario, (521 interviste tra settembre 2014 e maggio 2015). Netta la risposta : il 48% si affiderebbero ad una donna e meno della metà, il 21,3%, sceglierebbe un uomo. La quota sale fino al 57,5% se si restringe il campo alle risposte dell'universo femminile.
Bisognerebbe tenerne conto e farne buon uso, insieme al disegno di legge anticorruzione, ormai alle battute finali alla Camera e alle tante inchieste che cercano di mettere un argine al malaffare dilagante. La ricerca che viene presentata in questi giorni nella sala Zuccari di Palazzo Giustiniani a Roma, dalla presidente della Fondazione Bellisario Lella Golfo, alla presenza di illustri ospiti, tra i quali Raffaele Cantone, contiene un'altra risposta che rafforza questa percezione. Il 64% degli intervistati ritiene che l'ascesa al potere delle donne, potrebbe migliorare i livelli di onestà e correttezza, (73% tra le sole donne).
Il problema, ad oggi, è che ai vertici di società e istituzioni, la presenza femminile continua a rimanere minoritaria. Anche se gli effetti della legge 120 del 2011, sulle quote nelle società quotate e partecipate, che porta la firma proprio di Golfo, ha fatto sì che 596 donne siedono nei consigli di amministrazione e 381 sindaci.
"Esistono peculiarità femminili che ci rendono meno inclini alla corruzione, spiega la presidente della Fondazione Bellisario. Siamo più affidabili, più prudenti e oculate nell'uso del denaro è nelle spese, essendo da sempre amministratori delegati delle loro famiglie".
Servirebbe una "rivoluzione culturale", magari ribaltando e aggiornando il famoso slogan con cui John Kennedy sconfisse Richard Nixon, ("comprereste un'auto usata da quest'uomo?").
E prendendo ad esempio donne come Gabriella Acerbi, "che nelle intercettazioni di mafia capitale veniva definita poco disponibile", osserva Lella Golfo che cita anche la figura di Elisabetta Tripodi, sindaco di Rosarno, oggi presente al convegno romano. "Bisogna puntare sulla leadership etica, portare avanti esempi virtuosi e mettere all'indice quelli vergognosi, sradicando il seme dell'impunità", conclude la presidente della fondazione Bellisario.
Ma la ricerca di Alessandra Ghisleri, proprio nei giorni in cui stanno approdando al via libera definitivo le nuove norme anticorruzione, è utile anche perché restituisce la diffidenza degli italiani, e delle donne in particolare, rispetto alle iniziative legislative. Per il 71% degli intervistati, 72,1% al femminile, il disegno di legge "è il solito annuncio che segue uno scandalo".
Una conferma che la strada rimane in salita.

Cesare Zapperi

Le donne nei Parlamenti del mondo.

Ruanda, Bolivia, Cuba, Seychelles, Svezia. Comincia così la classifica mondiale dei paesi, con maggiore rappresentanza femminile in Parlamento. Dunque Africa al primo posto, America Latina al secondo, Europa al quinto. Non solo, nei primi due casi il numero delle donne è addirittura superiore a quello degli uomini: in Ruanda almeno 51 su 80 parlamentari sono donne, (63,8%), in Bolivia 69 su 130, (53,1%).
Si tratta dei risultati di uno studio che è stato pubblicato dall'Unione Interparlamentare, organizzazione internazionale fondata nel 1889, che riunisce i rappresentanti dei Parlamenti democraticamente eletti, con l'obiettivo di sostenere la pace e la cooperazione tra i popoli e rafforzare le istituzioni parlamentari.
Le ragioni della massiccia presenza femminile nel Parlamento ruandese, sono da ricercarsi nella storia recente. Dopo aver ottenuto l'indipendenza dal Belgio nel 1962, il paese ha vissuto un periodo di persecuzioni razziali tra Hutu e Tutsi, che ha toccato il culmine nel tragico genocidio del 1994. In quella circostanza, che ha provocato la morte di più di 800mila persone, le donne si sono trovate a essere il doppio degli uomini. La classe politica attuale riflette quindi la composizione della società, che oggi è costituita per il 55% circa da donne.
In Europa, il primato spetta alla Svezia, in cui le parlamentari sono il 43,6%, (circa 152 su 349). Non tutti gli altri stati dell'UE, tuttavia, possono vantare questi numeri. È il caso, ad esempio, dell'Irlanda in 83esima posizione, nel cui Parlamento le donne sono solo 27 su 166, il 16,3% : la Repubblica si posiziona di fatto dietro paesi come Arabia Saudita, Eritrea, Turkmenistan e Sud Sudan.
L'Italia occupa invece la 32esima posizione nel mondo, inaspettatamente dietro ad Algeria e Tunisia, ma davanti a Svizzera e Regno Unito: la presenza femminile nel nostro Parlamento è pari al 31%, (almeno 195 donne su 630 posti disponibili).
I dati si riferiscono alle elezioni politiche del 2013 e sono relativi alla Camera dei Deputati; in Senato la percentuale è del 27,3%, 86 su 315. Il risultato evidenzia un trend in crescita: rispetto alla precedente legislatura, i valori sono aumentati rispettivamente del 33,3 e del 46%.
Sono sei, infine, i paesi che di donne, in Parlamento, non ne hanno affatto: Micronesia, Palau, Qatar, Tonga, Vanuatu e Yemen.



venerdì 4 settembre 2015

Profilazione on-line e selfie. Marketing innovativo o Grande Fratello ?

C'è da sperare, scrivevo la settimana scorsa, che le aziende si attengano alle nuove, chiare norme del garante per la privacy sulla "profilazione" on-line, (l'analisi delle abitudini dei consumatori a scopi pubblicitari) : ma bisogna anche augurarsi che, se proprio vogliono profilarci, almeno lo facciano bene.
Alcuni lettori concordano sul fatto, che la riservatezza dei dati e l'esigenza della precisione pubblicitaria, possano essere conciliate. Altri sono convinti del contrario : non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Tutti però vogliono approfondire l'argomento.
Qualcuno porta l'esempio dei selfie. È una buona idea perché, effettivamente, gli autoscatti sono immagini rivelatrici delle nostre preferenze e rappresentano dunque una miniera di dati importanti per chi sappia estrarli, portarli alla luce e valorizzarli. Quante informazioni possono dare la camicia che indossiamo, gli occhiali che portiamo o la bibita che stiamo bevendo ?
Non a caso - ha ricordato Gaia Rubera della Bocconi sul Corriere - Google, Yahoo e Twitter hanno acquistato società specializzate in questo tipo di studio delle immagini. In America, ad esempio, Gatorade si è accorta che le sue bevande energetiche venivano consumate, sempre più spesso, durante la colazione del mattino e non solo alla fine di una corsa nel parco. Un'informazione preziosa, che ha spinto l'azienda a creare un prodotto specifico per il breakfast.
Società specializzate hanno scoperto che molte persone, postano foto di sè mentre mangiano lo yogurt in macchina : Chobani, una marca statunitense, ha deciso così di sviluppare confezioni apposite per il consumo di yogurt in automobile.
In sostanza, secondo Gaia Rubera, le aziende possono ottenere quattro tipi di informazioni : in quali situazioni usiamo i prodotti, quali altri prodotti abbiniamo ai nostri, quali marchi sono più popolari, chi sono i consumatori "evangelici", (gli apostoli non c'entrano : sono i fan di un certo marchio, che fidelizzano anche i loro amici).
E i consumatori che vantaggi possono trarne ? Prodotti più adatti ai propri gusti, in primo luogo. Se possono dare o negare, con una procedura semplice, un consenso informato, l'uso dei dati on-line - come prescrivono, appunto, le nuove regole del garante - tra marketing innovativo e privacy non c'è conflitto. Anche quando ad essere "profilata", è la nostra faccia.
Certo, resta aperto il tema della suddivisione del valore dei dati personali, tra aziende e consumatori. Alcuni ritengono sia troppo sbilanciata a favore delle prime. Concordo. Si potrebbero, forse, trovare soluzioni di “baratto” : ad esempio il consenso alla profilazione, in cambio di sconti sui prodotti.
Lo accetterebbero gli inserzionisti o riterrebbero di poter fare tranquillamente a meno del nostro si ? Il dubbio è legittimo.


Edoardo Segantini

martedì 1 settembre 2015

Orizzonte rosa. E' il momento delle francesi.

È il momento della Francia: al cinema, in libreria, sul Web, in siti raffinatissimi trionfa lo stile inconfondibile "made in France" fatto di look e atmosfere maliziose, chic e sexy nello stesso tempo, in cui si respira l'aria di Parigi e di St. Tropez. Un mito da sempre, più che mai attuale, da cui prendere spunto.
Tutte le femme fatale dello spettacolo francese hanno questa caratteristica: l'aria un po' selvaggia ma senza volgarità. Punti di forza? Tutto quello che sarebbe un difetto ... I capelli scompigliati, vero marchio di fabbrica di B. B., un sorriso imperfetto come quello di Laetitia Casta e Vanessa Paradis, caratteristiche sfoggiate con nonchalance. Un'attitudine disinvolta che si può imitare per valorizzare sì, senza inseguire il modello della perfezione a tutti i costi.

Trendy o fuori del tempo?

Anche nel vestire lo stile francese non cerca il lusso, ma piuttosto cura l'arte del particolare, ricercato e un po' fuori del tempo: il sandalo gioiello abbinato ai jeans consumati, la camicia bianca, l'abitino minimale con le ballerine, una borsa e un cappello eccentrici. Dice Ines de la Fressange nel suo libro La parigina: "La parigina ha l'arroganza di pensare che non sarà mai fuori moda: la moda lei la ignora. Anche se poi indossa un piccolo dettaglio da cui si vede che conosce a menadito ogni minima tendenza". Una vera cura antistress contro la frenesia di seguire giorno per giorno i cambiamenti della moda, che spesso perseguita le italiane. E questa eleganza "destrutturata" riesce perfino a essere comoda!

Erotismo a tinte forti.

Sensualità a tinte forti, (se non fortissime), e nello stesso tempo, incredibilmente, non volgare quella made in France. Erotismo che fa da sempre sognare gli uomini, ben oltre i confini. Dagli accenti bondage che resero famosa Corinne Clery in Histoire d'O, agli spettacoli dal sapore vintage, intramontabili del Crazy Horse, (in tournè quest'estate anche in Italia), dove le ballerine si vestono solo di scenografici giochi di luci e colori, si arriva agli ultimi film shock e ad alto tasso erotico, La vie de Adele e Nymphomaniac.
Protagoniste due bellezze francesi molto diverse: la deliziosa Lea Seydoux con il suo visino da gattina e i suoi occhi azzurri e l'androgina Charlotte Gainsbourg, elegante anche quando scende nell'inferno del sesso promiscuo e del sadomaso. In comune la voglia di osare e di affermare se stesse: per quanto estrema e forse discutibile, l'avventura erotica diventa soprattutto esperienza di libertà e di conoscenza.

La silhouette.

Catherine Deneuve lo ha fatto di recente: mostrarsi in lingerie seducente, di spalle davanti a uno specchio, le gambe velate da calze nere ... Simbolo di fascino oggi come ai tempi di Bella di giorno, nonostante gli anni passati dalla sua pellicola "cult". Con più ironia e con dovizia di consigli pratici, anche un libro recentissimo di Mireille Guiliano ribadisce che le francesi sono sempre belle. E sicuramente la bellezza francese, meno appariscente e "bling" di quella americana e anche meno soggetta agli attacchi del tempo.

Sempre belle.

Parola d'ordine assolutamente condivisibile: non cedere alla tentazione di "se laisser aller". Strategie di attacco: la cura di se stesse, costante ma senza esasperazioni. In particolare l'attenzione alla linea, (sarà un caso che le diete più di successo vengono dalla Francia?). Sempre la Guiliano in Le francesi non ingrassano rivela il segreto della silhouette alla francese. "Noi preferiamo porzioni modeste: non a caso menu significa anche piccolo, minuto. Tutto il contrario ad esempio dell'idea americana: i nostri pasti sono più numerosi ma meno abbondanti. Ci piace mangiare, e amiamo i riti della cucina raffinata, ma dalle nostre tavole allontaniamo "i nemici", i cibi ipercalorici, di scarsa qualità".

Nel menu.

In pratica il pasto tipico comprende la combinazione equilibrata fra verdure, proteine e pochi carboidrati. In particolare non manca quasi mai una zuppa di verdure, (ai porri, alle cipolle ecc.), che apre il pranzo o la cena. La cucina francese è nota anche per i suoi raffinati piatti di carne e di pesce, che si prestano facilmente a uno schema ipocalorico, moderatamente iper proteico, che riduca i carboidrati.
E non manca il tocco del famoso "paradosso francese": pranzo e cena sono accompagnati in Francia, da un bicchiere di vino rosso, e questa abitudine aiuta il cuore! Infatti, nella giusta quantità, è anti-age.

Questione di charme.

Che cosa caratterizza lo stile e il fascino francese?
"Il fascino della donna francese si caratterizza prima di tutto per uno stato d'animo molto indipendente, libero da pregiudizi, e distante dalle regole rigide della società. Questo modo di essere si rispecchia molto chiaramente nel suo stile e nelle sue scelte, originali, poco conformiste".
Si può dire che spesso c'è il desiderio di essere volutamente imperfette, ma sempre chic?
"Assolutamente sì. La donna francese, ed in particolar modo la donna parigina, sa esprimere in maniera molto marcata le sue scelte personali, ama sorprendere e giocare con stili diversi. Mi vengono in mente due esempi di abbinamenti che spesso ritrovo nella capitale: la giacche in pelle con un delicato vestito liberty, o il classico blazer nero abbinato ad una semplice maglietta bianca ed un paio di jeans stone wash. Il risultato voluto e spesso uno stile bohemè chic, imperfetto nelle apparenze ... ma studiato alla perfezione!"
Si nota l'attenzione ai dettagli, all'originalità, per esempio di una borsa, di una cintura, di un gioiello.
"La donna francese è sempre alla ricerca dell'accessorio di nicchia, che dia un tocco originale e personale al suo look. Il mondo dei createurs, da non confondere con i designer, con le sue proposte in serie limitate, spesso artigianali, risponde pienamente a questo desiderio di voler essere diversa, unica, però con uno stile "cool" mai presuntuoso".
Perché le francesi sono sexy, pur mostrando poco, poche minigonne, abiti ultra-aderenti? Penso a un nuovo simbolo di sensualità come Lea Seydoux.
"Perché le donne francesi conquistano con il loro charme e mai con la loro bellezza".


Lucia Fino