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martedì 8 settembre 2015

Donne in politica. Oneste e affidabili.

Più donne in posti di responsabilità uguale meno corruzione. L'equazione va dimostrata, ma nella percezione degli italiani è già un dato di fatto.
"Dovendo scegliere a chi affidare la gestione dei fondi pubblici, tra un uomo e una donna, a parità di competenze, chi sceglierebbe?". La domanda posta da EuromediaResearch di Alessandra Ghisleri, nell'ambito di una ricerca condotta per conto della Fondazione Bellisario, (521 interviste tra settembre 2014 e maggio 2015). Netta la risposta : il 48% si affiderebbero ad una donna e meno della metà, il 21,3%, sceglierebbe un uomo. La quota sale fino al 57,5% se si restringe il campo alle risposte dell'universo femminile.
Bisognerebbe tenerne conto e farne buon uso, insieme al disegno di legge anticorruzione, ormai alle battute finali alla Camera e alle tante inchieste che cercano di mettere un argine al malaffare dilagante. La ricerca che viene presentata in questi giorni nella sala Zuccari di Palazzo Giustiniani a Roma, dalla presidente della Fondazione Bellisario Lella Golfo, alla presenza di illustri ospiti, tra i quali Raffaele Cantone, contiene un'altra risposta che rafforza questa percezione. Il 64% degli intervistati ritiene che l'ascesa al potere delle donne, potrebbe migliorare i livelli di onestà e correttezza, (73% tra le sole donne).
Il problema, ad oggi, è che ai vertici di società e istituzioni, la presenza femminile continua a rimanere minoritaria. Anche se gli effetti della legge 120 del 2011, sulle quote nelle società quotate e partecipate, che porta la firma proprio di Golfo, ha fatto sì che 596 donne siedono nei consigli di amministrazione e 381 sindaci.
"Esistono peculiarità femminili che ci rendono meno inclini alla corruzione, spiega la presidente della Fondazione Bellisario. Siamo più affidabili, più prudenti e oculate nell'uso del denaro è nelle spese, essendo da sempre amministratori delegati delle loro famiglie".
Servirebbe una "rivoluzione culturale", magari ribaltando e aggiornando il famoso slogan con cui John Kennedy sconfisse Richard Nixon, ("comprereste un'auto usata da quest'uomo?").
E prendendo ad esempio donne come Gabriella Acerbi, "che nelle intercettazioni di mafia capitale veniva definita poco disponibile", osserva Lella Golfo che cita anche la figura di Elisabetta Tripodi, sindaco di Rosarno, oggi presente al convegno romano. "Bisogna puntare sulla leadership etica, portare avanti esempi virtuosi e mettere all'indice quelli vergognosi, sradicando il seme dell'impunità", conclude la presidente della fondazione Bellisario.
Ma la ricerca di Alessandra Ghisleri, proprio nei giorni in cui stanno approdando al via libera definitivo le nuove norme anticorruzione, è utile anche perché restituisce la diffidenza degli italiani, e delle donne in particolare, rispetto alle iniziative legislative. Per il 71% degli intervistati, 72,1% al femminile, il disegno di legge "è il solito annuncio che segue uno scandalo".
Una conferma che la strada rimane in salita.

Cesare Zapperi

Le donne nei Parlamenti del mondo.

Ruanda, Bolivia, Cuba, Seychelles, Svezia. Comincia così la classifica mondiale dei paesi, con maggiore rappresentanza femminile in Parlamento. Dunque Africa al primo posto, America Latina al secondo, Europa al quinto. Non solo, nei primi due casi il numero delle donne è addirittura superiore a quello degli uomini: in Ruanda almeno 51 su 80 parlamentari sono donne, (63,8%), in Bolivia 69 su 130, (53,1%).
Si tratta dei risultati di uno studio che è stato pubblicato dall'Unione Interparlamentare, organizzazione internazionale fondata nel 1889, che riunisce i rappresentanti dei Parlamenti democraticamente eletti, con l'obiettivo di sostenere la pace e la cooperazione tra i popoli e rafforzare le istituzioni parlamentari.
Le ragioni della massiccia presenza femminile nel Parlamento ruandese, sono da ricercarsi nella storia recente. Dopo aver ottenuto l'indipendenza dal Belgio nel 1962, il paese ha vissuto un periodo di persecuzioni razziali tra Hutu e Tutsi, che ha toccato il culmine nel tragico genocidio del 1994. In quella circostanza, che ha provocato la morte di più di 800mila persone, le donne si sono trovate a essere il doppio degli uomini. La classe politica attuale riflette quindi la composizione della società, che oggi è costituita per il 55% circa da donne.
In Europa, il primato spetta alla Svezia, in cui le parlamentari sono il 43,6%, (circa 152 su 349). Non tutti gli altri stati dell'UE, tuttavia, possono vantare questi numeri. È il caso, ad esempio, dell'Irlanda in 83esima posizione, nel cui Parlamento le donne sono solo 27 su 166, il 16,3% : la Repubblica si posiziona di fatto dietro paesi come Arabia Saudita, Eritrea, Turkmenistan e Sud Sudan.
L'Italia occupa invece la 32esima posizione nel mondo, inaspettatamente dietro ad Algeria e Tunisia, ma davanti a Svizzera e Regno Unito: la presenza femminile nel nostro Parlamento è pari al 31%, (almeno 195 donne su 630 posti disponibili).
I dati si riferiscono alle elezioni politiche del 2013 e sono relativi alla Camera dei Deputati; in Senato la percentuale è del 27,3%, 86 su 315. Il risultato evidenzia un trend in crescita: rispetto alla precedente legislatura, i valori sono aumentati rispettivamente del 33,3 e del 46%.
Sono sei, infine, i paesi che di donne, in Parlamento, non ne hanno affatto: Micronesia, Palau, Qatar, Tonga, Vanuatu e Yemen.



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