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venerdì 16 ottobre 2015

Il Rally del Pane.

La genesi di quella che è stata una delle più prestigiose manifestazioni motoristiche nazionali, raccontata a piena voce dal suo realizzatore, Arnaldo Cavallari.

Notte da tabarro. L'aria fredda e pungente sul volto. Il cielo maculato di stelle. Guardavo e mi guardavo. Un'altra sfida. Un'altra corsa.
Perché Arnaldo? Perché a cinquant'anni passati non fermarsi un po'? Perché continuare a correre incessantemente?
"Perché così fanno le stelle", mi risposi. E ringraziai le stelle. Arrivavo da un incontro con i dirigenti del Ferrari Club di Taglio di Po e con alcuni appassionati locali di rally. Erano state gettate le basi per realizzare un rally nel Polesine. Un rally vero e proprio dalle nostre parti non si era mai visto.
La mia esperienza al servizio di un evento particolare, inedito. Un progetto che identificai in tre messaggi: Polesine, Albarella e Ciabatta Polesana, nata da poco. Cioè coniugare i rally e la vita. Sapevo come si metteva in piedi un rally. Non per niente avevo frequentato il meglio anche in questo senso: Stochino (San Martino), Asquini (Alpi orientali), Rava (Sanremo), Salvay (999 Minuti). Non avevo mai organizzato, ma mi sentivo pronto a seguire il loro esempio. Mi presi la responsabilità di tutto. Tanto per cambiare ...
Il Ferrari Club mise la licenza Csai di organizzatore, necessaria dal punto di vista formale e legale. Preso dal prurito di vedere crescere il progetto, non mi resi conto che questo "favore" sarebbe potuto costarmi caro. Nell'ambiente, un rally nel Polesine suscitò subito interesse, ma anche perplessità.
"Tutte strade pianeggianti dalle tue parti, Arnaldo, e che rally puoi inventarti senza montagne o colline?"
Mi misi di buzzo buono per farli ricredere. "Trapanai" il Polesine in lungo e in largo. Scovai stradine sconosciute, sterrate, piene di curve e di difficoltà. Tutte attorno ad Adria. Disegnai un percorso come piaceva a me. Prove speciali tortuose. Tra una curva e l'altra mai più di 50 mt di rettilineo. Fatto il percorso, occorreva vendere bene il rally. La sana e pragmatica filosofia di sempre.
Era importante convincere coloro che ci davano una mano economicamente. Far capire che il rally poteva diventare uno strumento utile per la loro attività, che la promozione e la pubblicità avrebbero assicurato un ritorno d'immagine. Io ero l'esempio. Organizzavo, ma ero anche sponsor, col marchio Ciabatta Polesana. Non per niente volli che si chiamasse il Rally del Pane.
La sponsorizzazione, però, andava seguita, accompagnata, promozionata. Era quello che predicavo a tutti: ai potenziali sponsor del rally, come ai piloti che mi chiedevano consigli. La prima edizione del Rally del Pane andò in scena nella notte tra il 31 marzo e il 1 aprile 1984.
La notte mi è sempre stata amica. Fu un successo straordinario. Un coinvolgimento generale. Tre giorni, (dal venerdì alla domenica), agitati, pieni. Tre giorni dentro un frullatore.
Il molino divenne l'epicentro dell'evento. Stracolmo di gente, di auto da corsa, (le verifiche tecniche si svolsero lì), di gioia. Una sezione dell'edificio fu destinata all'area operativa: direzione gara, segreteria, sala stampa, sezione cronometristi e via discorrendo. Il cortile evaporava felicità anche dal terreno. Un'aia festaiola, dove le variopinte auto da corsa sostituivano i trattori. Un rombo che faceva tremare le finestre e fuggire i colombi da sotto le pensiline. Il pane, ovviamente, grande accentratore. Grande anima che accomuna. Usciva a getto continuo dal forno sperimentale e le maestranze del molino, resesi disponibili spontaneamente, lo servivano, correndo avanti e indietro per accontentare tutti.
Una mortadella da mezzo quintale restò ore e ore in balia di un'affettatrice. Vennero "seccate" un numero incalcolato di damigiane di vino locale. Tutti mangiarono e bevettero. Piloti, navigatori, accompagnatori, meccanici, giornalisti, cronometristi, lo staff organizzativo del rally, paesani, curiosi e visitatori.
Ricordo una coppia che addentò una lunga ciabatta imbottita. Uno di qua, l'altra di là. Una specie di gara. Finirono col togliersi il pane di bocca.
Il palco partenza in piazza, davanti alla cattedrale. Una girandola di luci e di sorrisi. La premiazione si svolse nel ridotto del teatro comunale di Adria. Un'apoteosi. Autorità, personaggi, premi per tutti i concorrenti. Conclusi stanco, ma felice. Ero riuscito ancora una volta ad aggregare, a far stare bene tanti.
Il Rally del Pane divenne qualcosa di eclatante. L'anno dopo coinvolsi come sponsor nientemeno che l'AGIP. I responsabili marketing dell'azienda petrolifera, erano rimasti sorpresi dal successo registrato. L'AGIP era conosciuta come partner della Ferrari. Non sponsorizzava altro. Nel 1985, invece affiancò il suo marchio sia alla Ferrari, sia al Rally del Pane. Il suggello perfetto. Avevo lavorato bene. Il Comune di Adria per la premiazione non mi diede il ridotto, bensì tutto il teatro comunale. Aveva capito.
Andò avanti così per quattro anni. In un crescendo che sembrava perpetuo. Il Rally del Pane me lo sentivo nelle ossa, nella pelle. Invece di affievolirsi, costante delle cose che si ripetono, l'ebbrezza aumentava ogni anno. Era amato anche dai panettieri miei clienti. Si sentivano parte integrante di un avvenimento. Poi finì tutto. Sciolto come neve al sole. Un paio di mesi prima di dare il via alla macchina organizzatrice della quinta edizione, quelli del Ferrari Club vennero da me.
"Quest'anno il rally lo organizziamo noi", dissero a bruciapelo. Subito rimasi senza parole. Finché chiesi: E io? "Non abbiamo più bisogno di te. Ci piacerebbe che continuassi a fare lo sponsor. Ma per l'organizzazione ci arrangiamo. Non c'entri più".
La meschinità umana, accidenti. Ancora una volta sulla mia strada. Nonostante fornissi puntualmente e dettagliatamente ai miei interlocutori i conti che riguardavano il rally, si erano convinti che nascondessi qualcosa. Insomma, che speculassi. Mi girarono le spalle anche molti di quelli che ritenevo amici. Velocissimi a salire sul carro di chi prometteva.
La mia reazione li lasciò di stucco: "Bene, vado al mare. Saluti".
In realtà, la faccenda mi rodeva. Mi avevano sottratto il giocattolo. Mi avevano tolto un pezzo di vita. E, per di più, usando l'insinuazione, il sospetto, la cattiveria gratuita. Sapevo che da soli non avrebbero fatto molta strada. Per realizzare certe cose ci voleva la passione che loro non avevano. E ci volevano i soldi. Il rally costava circa 150 milioni di lire. Un centinaio arrivava dagli iscritti e dagli sponsor. Ma il resto lo metteva il marchio Ciabatta Polesana. Erano soldi che tiravo fuori volentieri, rappresentando un ottimo veicolo pubblicitario. Adesso dovevano cercarli da un'altra parte, ed era una bella somma. Mi sentivo offeso, dopo tutto quello che avevo fatto. Non poteva finire così. Non potevo dargliela vinta.
In primo luogo, li diffidai dall'usare la denominazione Rally del Pane. Era mia. L'avevo registrata. Le lettere degli avvocati fioccarono. E siccome quei signori avevano già dato il via alle pubblicazioni, utilizzando proprio quel nome che faceva comodo, dovettero gettare tutto alle ortiche. Ma non bastava. Uscire di scena non è mai stata la mia specialità. Così mi venne un'altra idea.
Con una decina di amici veri, fuoriusciti dallo staff organizzativo del rally, ideai la prima edizione del Rally del Pane per auto storiche, quinto Rally del Pane, primo trofeo Ville Venete. Un revival sotto l'egida dell' Historic Racing Cars.
Sponsor della gara, Ciabatta Polesana e AGIP. Sostenitori, Albarella e Comune di Adria. Tanto per far capire da che parte stavano ... Allestii un happening in grande stile. Pressoché perfetto. Per una settimana il rally e il pane si integrarono. Furono organizzati incontri, convegni, uno in particolare d'interesse internazionale: il pane del Duemila.
Per quanto riguarda il rally, basta con tanti tratti cronometrati e avanti invece con un percorso che toccava tutti e sette i capoluoghi del Veneto. All'apparenza, un tracciato facile, dunque. In realtà, nascondeva un'insidia che pochi concorrenti intuirono. Sulle strade aperte al traffico, infatti, il codice della strada imponeva una media non superiore ai 50 all'ora. Facile a dirsi, impossibile a farsi sulle viuzze che avevo scelto, lungo le prealpi venete, da Bassano a Verona, tortuose all'inverosimile e per giunta, disseminate di controlli orari ravvicinati. La gara si sarebbe decisa lì, ai controlli orari. Infatti, fu così. I concorrenti prima rimasero spiazzati, poi apprezzarono la mia trovata.
Fu un trionfo. Agonistico e coreografico. Auto d'altri tempi. Un remarque da brivido. Lo splendore mozzafiato delle ville venete. L'arte che si fondeva nell'arte. Motori e architettura. Tanta gente sbracciante lungo il percorso. Una sorta di Mille Miglia. E i molini adriesi a fare da collante.
La premiazione, la domenica sera, fu qualcosa che ad Adria ricordano ancora oggi. Il teatro comunale si specchiava nei suoi giorni migliori. Come quando ospitava i cantanti e gli artisti più importanti del mondo.
Ricordo che entrammo in teatro accolti dall'Aida. Le strutture, i muri fremevano sotto i tamburi della marcia trionfale. Fu commozione generale.
Il proscenio trasformato in palco partenza del rally. A sua volta sferzato da luci baluginanti. Sembrava una visione. Una fantasticheria da fiaba. La bellezza sensuale di Eleonora Vallone, madrina della manifestazione. Io volteggiavo sul palco come fossi su una nuvola. Giacca verde e camicia bianca. I colori ufficiali del rally, indossati anche da tutti i miei collaboratori e collaboratrici, compresa Miss rally, eletta nel frattempo.
All'esterno, Adria aveva preso le sembianze di Disneyland. Fuochi d'artificio, laser luminosi stravolgevano una realtà sottratta alla sua abituale intimità. I negozi rimasero aperti. Una processione di luci. Centoventotto commercianti supporter del rally. Partecipando, distribuendo materiale informativo e pubblicitario del rally. Elettrizzati per esserci. Elettrizzati per aver aderito al mio suggerimento. Mi feci tanti altri amici. E dimenticai le amarezze provate. Un rally così, doveva rappresentare il top, il meglio. Di conseguenza, non potevo concedere repliche. Molti di quelli che c'erano, si risentirono della mia decisione.
"Ma come, ci hai dato lo zuccherino è adesso ce lo togli? È ingiusto ..."
"No, è giusto", rispondevo, "così il Rally del Pane resterà per sempre un piacevole ricordo. Per voi e per me".


Arnaldo Cavallari da “Una vita nel sole”

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