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venerdì 15 gennaio 2016

Orizzonte rosa. Il difficile mestiere di genitore.

Tutto è cominciato rivedendo, ancora una volta, i film della Mummia. Sono tre e generalmente, se si parte con il primo che risale al 1999, è obbligatorio, per i quattro maschi di casa, concludere la trilogia in stretta sequenza, in modo da non uscire mai dall'avventuroso spirito archeo-horror.
Eravamo tutti sul divano, in assetto cinematografico, davanti al secondo episodio della serie. O, meglio, loro erano in assetto cinematografico. Io, come accade sempre negli ultimi tempi, stavo inesorabilmente scivolando nel sonno, tra un ipercinetico figlio di mezzo e un protettivo ultimogenito che, al fine di risparmiarmi le scene splatter, mi copriva occhi, orecchie e, per mal riposto eccesso di zelo, anche naso e bocca.
Stavo per perdere conoscenza, non ricordo se per il sonno o per la mancanza di ossigeno, quando ho colto una sfumatura didattica nella voce del pater familias, quella riservata alle lezioni di vita, perle di saggezza da elargire, per fortuna con una certa moderazione, alla prole. "Spesso le coppie che si amano troppo e sono più concentrate su di sé che sul mondo intorno, sono pessimi genitori", stava dicendo l'economista marxista barese che rappresenta metà della mia coppia da oltre vent'anni. "Vedete? I due protagonisti, papà e mamma, sono troppo impegnati ad amoreggiare e a seguire la passione l'uno per l'altra, oltre che per l'archeologia, per riuscire ad accudire e ad amare veramente Alex, il loro bambino, che è abbandonato a se stesso. Vedete com'è infelice e solo, poveraccio?".
"Papà, dai! Si sta risvegliando il re Scorpione! Chi se ne importa se il bambino è triste perché i suoi genitori non lo amano abbastanza?!", Lo ha zittito il primogenito, archiviando così questa pillola paterna di psicologia della famiglia e, soprattutto, della coppia. Io invece, vinta dal sonno, mi sono persa il risveglio del re Scorpione. Ma non ho archiviato nulla.
Così, qualche sera dopo, prima di dormire, ho scoperchiato un vaso che mi stava a cuore. "Senti ... Ma ... Secondo te, noi due ...". "Quando inizi così mi fai paura". "No, dicevo ... Noi due, come genitori, come siamo?". "Dove vuoi arrivare, Elasti?". "Rispondi alla mia domanda. Che genitori siamo?" "Siamo, direi, attenti, presenti, affettuosi ..." "Ci definiresti dei bravi genitori?" "Sì, direi di sì. Ogni tanto sbagliamo, come tutti, però i nostri figli sono solidi, sereni e non sembrano nascondere buchi neri nell'anima. Quindi sì! Siamo bravi genitori". "Ho capito". "Cos'è quella faccia adesso? Cosa hai capito?" "Che non ci amiamo abbastanza. Che come coppia siamo due pesci freddi. Che la passione, la dedizione reciproca, la fiamma che ci accendeva e ci faceva vivere l'uno per l'altra sono morte, sepolte, dimenticate sull'altare di quei tre piccoli ingrati ... Che tristezza. Mi viene quasi da piangere".
"Che stai dicendo?" "Lo hai detto tu, parlando dei genitori di Alex. Loro sì che si amavano e ogni momento era buono per abbandonarsi al desiderio". "Sei pazza! Chi è Alex?" "Il bambino della Mummia 2". "Ma non stavi dormendo?".
La verità è che io sono d'accordo con lui. Per essere bravi genitori bisogna distogliere lo sguardo dall'ombelico della coppia e farsi famiglia. Imparare ad accogliere, includere e aprirsi, talvolta anche a scapito di quella magia dell'innamoramento esclusivo, inebriante e totale che ci trasforma in monadi estatiche.
E un po' rimpiango quel periodo lì, in cui eravamo solo noi due, persi nel nostro amoroso egocentrismo.
E un po' mi avvilisco quando ci trasformiamo in Furio e Magda del film di Verdone, intenti a far quadrare l'organizzazione di una famiglia, troppo somigliante a una piccola impresa, impegnati in immortali conversazioni ragionieristiche, invece di amoreggiare incuranti del resto, come facevamo a vent'anni.
Esiste un equilibrio?
"Non vedo l'ora di andare in pensione". "E perché?" "Per fidanzarmi con te e tornare a somigliare ai protagonisti della Mummia". "Forse noi due avremo bisogno di una vacanza ..."


Elasti

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