est consulting

est consulting
Il primo portale dedicato all'investitore italiano in Rep. Ceca e Slovacchia

sabato 5 marzo 2016

Cena di classe dopo 25 anni. Ma che senso ha?

Tutto iniziò con un messaggio, qualche mese fa. Arrivava dal Bernasca : "Cara Elasti, quest'anno celebriamo 25 anni dalla maturità. Se organizzassimo un incontro tutti insieme? Nell'invito eviterei, tuttavia, di menzionare il quarto di secolo : potrebbe spegnere gli entusiasmi e inibire le adesioni". Lo sapevo : la cena di classe incombe come una mannaia sulle teste di tutti noi. Prima o poi arriva, come l'amore e il mal di testa. Senza contare che io, nei confronti del Bernasca, ho un debito di eterna gratitudine : senza di lui, che dal banco dietro il mio, mi lasciava copiare le sue versioni di greco, sarei ancora lì, in terza F, intrappolata nell'Aoristo.
Pertanto al mio benefattore, allora fulgido grecista ora fulgido ingegnere, non posso dire di no, nemmeno quando propone imprese kamikaze. Dopo forsennate ricerche, fu stilato un elenco, in rigoroso ordine alfabetico, lo stesso dell'appello, ogni mattina di 25 anni fa, e, infine, fu prenotato in un ristorante un tavolo da 16 posti, a nome Bernasca. Come ci si veste, ci si trucca, ci si pettina, a una cena di classe? E se nessuno si riconosce? Se non si riconosce nessuno? Se dicono : "Era tanto carina. Peccato : il tempo, con lei, sia stato impietoso?" Se pensano : "Sgorbio era, sgorbio rimane?" Se l'imbarazzo ci paralizzerà?
Tra interrogativi e ansie, mi feci una doccia, mi lavai i capelli, mi truccai con scarsa perizia e moderazione e, dopo tre quarti d'ora di muta contemplazione dell'armadio aperto, infilai dei jeans, una maglietta e un paio di sandali con i tacchi, per darmi un tono, dimentica che io, sui tacchi, sono parecchio instabile.
Ci ritrovammo tutti lì, sul marciapiede, davanti al ristorante. Stringemmo 15 mani, baciammo 30 guance e ci abbracciammo con una cordialità insolita e cameratesca. Ci scrutammo ridanciani e canzonatori, con il beffardo disincanto degli adolescenti che non siamo più, nella curiosità consapevole e leggera di adulti in libera uscita. "Vietato chiedersi se abbiamo figli, partner e quale lavoro facciamo!", Disse qualcuno. E per un po' ci concedemmo la vertigine di pensarci come volevamo, di inventarci uno dei mille futuri possibili, a partire da 25 anni prima, di dire o di non dire chi fossimo veramente.
"Accidenti, quanto siamo rimasti belli!". "Splendidi!". "Non siamo cambiati nemmeno un po'". "Dici? Io invece ci trovo molto migliorati!" Mentivamo, felici di mentire. Ci guardavamo con l'indulgenza, la familiarità e il divertimento che si riserva alle vecchie fotografie, alle consuetudini perse, ai cugini in visita.
C'erano una ginecologa ipnotica che aveva perso la voce dopo aver tentato una lezione di otto ore, ("Di cosa hai parlato per tutto quel tempo?" "Di menopausa" "Ah"), una filosofa felice, un fisico nichilista ("Quello del liceo è stato il periodo più orrendo della mia vita. Ed è stata tutta colpa vostra"), un conte che restaura legno nel suo castello nell'oltrePo, un'avvocata con i capelli rossi che speri di avere accanto, e mai contro, padri orgogliosi, madri svagate, un ex oncologo convertitosi alla rianimazione perché, dice, è un lavoro meno triste, il marito di un'archeologa, il Bernasca, per cui ho scoperto di avere un grande affetto oltre che immensa gratitudine, fotografie di bambini e di gatti, e la sorpresa che 25 anni possono passare invano, nel bene e nel male.
Pian piano, nel corso della serata, ci siamo smascherati e abbiamo ricomposto tasselli della nostra adolescenza, in un quadro sensato e familiare solo per noi 16. E poi abbiamo riso, come si rideva da piccoli.
"Lo rifacciamo presto?" "Certo! Intanto creiamo un gruppo su Whatsapp!" "Ma come? Volete già andare a casa?" "È tardissimo!" "E allora? Elasti, non vieni a spaccarti di stravizi insieme a noi?" "A spaccarmi? Non posso. Ho dei figli!" "Anche io. E allora?" Già. E allora?


Nessun commento:

Posta un commento