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domenica 29 gennaio 2017

Carcere e civiltà: il pellegrinaggio per scontare la pena.

L'associazione si chiama Oikoten ed è in Belgio. Dal 1982 attua uno speciale programma di rieducazione per detenuti: il pellegrinaggio. Le mete sono due: Roma e Santiago di Compostela. Una giovane reclusa belga, Deborah, è stata coinvolta nel percorso di recupero e ha camminato dal suo paese fino a piazza San Pietro, dove ha salutato il Papa alla fine dell'udienza generale.
Una modalità davvero impensabile per il nostro ordinamento penitenziario. Scrive l'Osservatore Romano: "Da detenuta a pellegrina, da un quadrato di mondo visto da dietro le sbarre alle sconfinate prospettive di un cammino fisico interiore capace di convertire. Il suo modo di scontare la pena e trovare la strada
per reintegrarsi nella società sono stati", si legge sul quotidiano della Santa Sede, "quei 1700 km a piedi dal Belgio a Piazza San Pietro, per incontrare Francesco. La donna era accompagnata da Stephanie Nosek, con tanto di supervisione del giudice".
Il metodo, riferiscono al giornale vaticano i responsabili dell'associazione, "è ispirato al concetto cristiano, radicato nella tradizione medievale, di far vivere al detenuto un processo di conversione attraverso il pellegrinaggio, verso Santiago di Compostela o Roma. Ma è anche una forma molto moderna di misericordia".
Ogni anno Oikoten, predispone questo particolarissimo percorso di estinzione alternativa alla pena per 15 detenuti. I destinatari del programma vengono selezionati secondo un'essenziale requisito: devono essere giovani, come Deborah. Le distanze da percorrere a piedi, sarebbero insostenibili per chi non sia sorretto da un fisico in perfetta salute e appunto dalla giovane età.
"È una vera sfida per provare qualcosa al mondo e a se stessi: rappresenta una possibilità di riflettere sul passato e gettare le basi per il domani", aggiungono i responsabili di Oikoten.
Chissà se nell'assai più cattolica Italia, potrebbe mai trovare spazio una misura alternativa così legata alla crescita spirituale e quindi all'effettiva rieducazione del condannato.


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