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domenica 12 febbraio 2017

Il valore della dottrina di Buddha.

Si sente fare sempre la domanda, se quell'antica concezione del mondo dia la possibilità di un'applicazione utile nel presente. A ciò si è dato anzitutto risposta con un vigoroso si, giacché è da tempo noto, che seri e gagliardi seguaci, già da una serie di anni si volgono all'oriente e là, nell'odierna patria attuale della disciplina e dell'osservanza ancora conservata, a Ceylon o nell'India posteriore, entrano nell'ordine, divengono regolari monaci e asceti: e più d'uno così, come io ho personalmente sperimentato, è morto là lietamente, dopo essere diventato anche “uno dei santi".
Sulla reale efficacia della parola del Maestro nel presente presso di noi, non può esservi dunque oggi alcuna questione, se anche naturalmente il suo valore, secondo il punto da cui si guarda, apparirà come vacuo e nullo o come alto e sublime, come dannoso e folle o come incomparabile. Tali concetti di valore sono però, a quanto mi pare, poco appropriati ad una disamina e discussione generale. Su tali questioni non si è mai raggiunto e non si raggiungerà mai, in nessun tempo e luogo, un unico giudizio, ancor meno che sopra una musica od una pittura.
La pietra di paragone in tali criteri di valore è sempre diversa secondo il diverso grado di durezza e deve perciò, per quanto corrisponde a uomini discreti od alla loro esperienza, essere lasciata alla scelta di ogni singolo. La circostanza però, della quale noi qui ci dobbiamo occupare e che si lascia quasi sempre da parte o si considera solo fuggevolmente, sta fuori di tali prove di esperienza personale.
Noi dobbiamo qui fare solo il tentativo, se ci può riuscire, di imparare a comprendere quella concezione del mondo come una intuizione o un'arte puramente indiana. Questa sarebbe la ricompensa della fatica nell'esame e nel travaglio, richiedenti tanto tempo e tanta cura, dei nostri antichi testi. Quelli, a cui essi non ricompensano un sì costoso dispendio, può anche, se proprio vuole avere ed esprimere un'opinione sulla nostra dottrina, appigliarsi ad opere più maneggevoli, di cui da un pezzo non c'è mancanza: sia l'eccellente Catechismo buddhistico di Subhadra Bhikshu, od il magnifico e raccomandabile più di ogni altro, Buddha di Oldenberg, che da tanti anni è il fondamento di ogni vera ricerca esatta e si rinnova sempre in successive edizioni.
Ma i testi originali stessi sono poco atti a farsi trasformare subito in un utile praticamente applicabile, per questo essi sono troppo duri. Due millenni ci separano da essi e dalla loro forma in maniera d'espressione. E ciò che rende l'intelligenza anche più difficile, ci sta di mezzo uno strato quasi impenetrabile di civiltà straniera. Come potrebbero percepirsi di nuovo presso di noi quei suoni e quelle voci lontane, svanite, così come realmente risuonano sulla propria terra? Siccome, così come stanno le cose, quasi manca un mezzo risonante, la possibilità di un'eco è esclusa quasi come la propagazione del suono dal sole alla terra, che pure si potrebbe raggiungere in poco più di 14 anni.
Pertanto non si può parlare di utilizzazione pratica di questi nostri pezzi sperduti dal mondo. Si deve accontentarsi, se tra i sordi pilastri si trova un Memnone e se con infaticabile lavoro ed esercizio si superano forse gli ostacoli e si scoprono ed acquistano i mezzi per incanalare quelle voci del passato sul nostro presente; in modo che l'uditore possa sentirne l'arte profonda ed i delicati prodotti del messaggio. Ma non perciò bisogna aspettarsi a guisa di apostoli una generale conversazione del mondo.
Lo stesso Gotamo ha parlato sempre e solo ai singoli, non si è mai rivolto al popolo od alla folla. Dopo che la parola vivente dell'asceta e pensatore Sakyo era ammutolita e spenta da più di 20 secoli, dopo che sul breve magnifico mezzodi è scesa la lunga pallida notte dell'oblio, oggi la parola irrigidita, se anche comincia di nuovo a risuonare, non può certo risvegliare interamente a nuova vita quella svanita civiltà, con le sue superiori cognizioni spirituali e come entusiasti immaginano, a trarci in ringiovanita forma moderna: i contemporanei delle automobili e degli aeroplani, anche con la più grande fretta e con la migliore volontà, non potrebbero avere perciò udito né trovare ozio bastevole; astraendo del resto dal fatto che le fantasticherie e le donchisciotterie di una conversione universale sono da piccoli borghesi, infantili, bamboleggianti e niente affatto conformi alla dottrina.
Il discepolo di Gotamo lasciava il mondo esser mondo, intatto da ciò che si dice. O similmente si può anche oggi ed in avvenire fare il tentativo, di imparare a comprendere quello spirito mediante le sue classiche testimonianze. Queste però si mostreranno accessibili a colui, che ha per esse disposizioni e le sa sviluppare: non altrimenti come uno cura il suo Shakespeare, un altro il suo Bach, un terzo disegna carte del pianeta Marte, ed un altro cuoce sostanze da iniezioni.
In parole nette: quella concezione del modo è divenuto una scienza per noi. Che certo ne possa insieme cascare ogni sorta di cose adoperabili per il caro povero popolo, è una favorevole manifestazione concomitante, la semplice ombra della cosa, ed invero un'ombra gigantesca, anzi propriamente un'ombra della terra, il riguardo dei milioni di sempre rinnovati concorrenti, concomitanti e seguaci nelle 10 regioni dell'universo.
Con la cosa stessa però, con la nostra "Cosa in sé" per dire così, anche nel caso migliore avrà da fare solo qualche raro uno od un altro, sia egli diretto verso la scienza, l'arte o la santità. Ciò basta. Io penso che vi sia una tale possibilità per chi voglia seriamente sforzarsi, ciò basta mostrare quel che anche noi abbiamo ereditato dai tesori. Chi però volesse fare numericamente il conto del possibile utile, potrebbe facilmente seguendo l'esempio di Giovanni l'eremita, nello Speculum pastorum, calcolare quale risultato si otterrebbe con l'ipotesi non certo esagerata, che un uomo per 20 anni ogni anno guidasse con l'esempio e la dottrina solo un altro uomo alla retta opinione, ed ognuno di questi annualmente solo un altro e questo di nuovo se ne portasse un altro sulla retta via.
Da cui si dedurrebbe, col lapis alla mano, che il numero dei promossi in questa guisa, partendo da un solo promovente e nella minima misura, dopo 20 anni supererebbe già il milione. Ma noi qui non ci esercitiamo in statistica né in allotria.


K. E. Neumann

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